Trovate questo articolo all'interno della newsletter "Buongiorno Milano". Ogni giorno alle ore 7, dal lunedì al venerdì, gli iscritti alla community del «Giorno» riceveranno una newsletter dedicata alla città di Milano. Per la prima volta i lettori potranno scegliere un prodotto completo, che offre un’informazione dettagliata, arricchita da tanti contenuti personalizzati: oltre alle notizie locali, una guida sempre aggiornata per vivere in maniera nuova la propria città, consigli di lettura e molto altro. www.ilgiorno.it/
Milano - Gaetano Baldacci, il 21 aprile del 1956, firma da direttore il primo numero del "Giorno". La promessa al lettore nell’articolo di fondo è impegnativa: "l’onesta ricerca e la difesa costante della verità". Quel quotidiano innovativo per grafica, taglio delle notizie e freschezza delle sue idee non tradisce le aspettative e riesce a farsi strada in un panorama dove tante avventure editoriali naufragavano nel giro di una breve stagione, segno vitale di una rinascita economica e sociale di Milano. L’editore di allora è Cino Del Duca, produttore cinematografico, ma dietro di lui già si sente la mano di Enrico Mattei. La voce della dinamica impresa statale che lo finanzia è quella del boom economico che di lì a poco rilancerà l’Italia e ne cambierà il volto. Il quotidiano cambia insieme alla realtà che racconta e fotografa. E scopre, nel tempo, la sua vocazione nazionale e locale, capace di unire le cronache dal mondo a quelle del paese in cui il lettore vive, quando il termine “glocal“ ancora non è stato inventato. “Il Giorno“ festeggia oggi i suoi 65 anni di vita. E resta quella finestra aperta sul mondo immaginata nel manifesto di lancio dipinto da Raymond Savignac.
"Ricordo la prima cosa che ho visto, la voragine provocata dall’esplosione, e la prima cosa che ho pensato: ‘Quanti morti avrà fatto?’. Cercavo di contarli, quei morti. L’ho fatto almeno trenta volte". Ebbe il suo giornalistico battesimo del fuoco il 12 dicembre 1969 Gino Morrone, allora giovane cronista, poi firma storica del Giorno. Data tragicamente indimenticabile, quel 12 dicembre: pomeriggio della strage di piazza Fontana.
Gino, tu fosti il primo cronista a piombare sul posto . "Il destino. Il 29 dicembre mi sarei sposato. E avevo pensato di approfittare della sala stampa dei carabinieri, in via Moscova, per scrivere in pace le buste delle partecipazioni. Era nuovissima, comodissima e, soprattutto, sempre deserta. All’improvviso, uno dei quaranta telefoni ha preso a squillare. Poi un altro. Ho risposto io. Una voce: ‘Capitano Ciancio, capitano Ciancio!’. Era il responsabile del pronto intervento. ‘Alla Banca dell’Agricoltura è esplosa una bomba. Ci sono dei morti’". E tu, allora? "Mi sono precipitato in piazza Mirabello, ai taxi". E sei corso in piazza Fontana... "Sì. All’ingresso c’era il capo degli artificieri. Mi conosceva: ‘Dottore, venga!’ E mi ha fatto entrare. Vedevo dovunque corpi, brandelli di carne, di pelle... Sono uscito e da una farmacia ho telefonato al Giorno. Ho trovato Angelo Rozzoni, il vicedirettore. Che mi ha praticamente incaricato di fare il caporedattore sul campo". Gino Morrone, sei il collega ideale per festeggiare oggi i 65 anni del Giorno. Senza la solita retorica. Tu poi sei diventato capocronista, caporedattore. Ma al giornale com’eri arrivato? "Io lavoravo in un’altra testata, l’Italia. Dalle 9 del mattino a mezzanotte. Ma di assunzione, non si parlava. Mai. Vado da un avvocato e allora monsignor Bicchierai si decide a muoversi. E mi manda da Rastelli, amministratore del Giorno, cattolico, potentissimo. O almeno così mi sembrava. ‘Non si preoccupi, questa notizia non uscirà’ lo sento dire al telefono. Infatti il giorno dopo era in prima pagina... Capirai: in un Paese che non ricordo più un assalto di guerriglieri a una sede dell’Eni, cinque ingegneri mangiati!". Con te, invece, Rastelli fu di parola. Ti fece assumere... "Nel frattempo mi chiama Nutrizio, il direttore della Notte. Ma io spero nel Giorno. E infatti mi convoca Rozzoni. Che mi assume. Ma se ne va subito in vacanza. Così mi trovo a lavorare in redazione...". E intanto ti sposi? "Certo. Ma i colleghi mi guardano male: manco gli auguri. Poi rimediarono: mi regalarono la cucina". Rozzoni fu un personaggio mitico: ammirato e temuto. Autoritario, trascorsi a Salò. I tuoi rapporti con lui? "Riuscimmo a litigare. Colpa di una rapina, brutta, finita con un morto. Lo stesso giorno due dc, ricordi la Dc?, cambiano colore, in Consiglio comunale. Entrano nel Psi, ricordi il Psi?, del sindaco Aniasi. E io pubblico la notizia. Riducendo lo spazio della rapina". E Rozzoni? Invece di farti i complimenti... "Va su tutte le furie. E perché? Perché lo avevo fatto litigare con la moglie: la signora era cliente di quella gioielleria...". Altri tuoi colpi, a parte piazza Fontana? "L’idea di creare le tante edizioni locali che permisero al Giorno di superare il Corrierone in Lombardia". Gino Morrone, ultima domanda inevitabile. Come giudichi i quotidiani dei nostri giorni? "Insufficienti. Poca cronaca, troppa politica". Come vivi la pensione, a 84 anni?
"Pensione? Vienimi a trovare in via De Amicis. In redazione. Vi faccio un giornale: ‘L’antifascista’. Macché pensione...".