
Marco Jacopo Bianchi, in arte Cosmo
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Un blitz più che un tour. Cosmo ci tiene a sottolineare l’urgenza dello show che lo catapulta martedì all’Alcatraz con i brani dell’ultimo album "La terza estate dell’amore", uscito lo scorso maggio ma rimasto finora, per una serie di circostanze, solo musica registrata; ad ottobre avrebbe dovuto presentarlo dal vivo per tre sere sotto un tendone da circo accampato in quel di Bologna, ma all’ultimo momento la mancanza del via libera l’ha costretto a spostare tutto di sei mesi. Poi Mahmood ha deciso di rinviare il suo tour autunnale, liberando uno spazio nel calendario dell’Alcatraz su cui s’è avventato l’alchimista elettrico eporediese, all’anagrafe Marco Jacopo Bianchi, già transitato in estate sul palco del Magnolia per presentare questo suo nuovo progetto con un talk-show.
Marco, cosa cambia rispetto allo spettacolo che aveva in mente?
"Come Cosmo è il primo live che faccio dal febbraio 2019. Rispetto a Bologna la produzione è ovviamente in scala ridotta. Sotto il tendone avevamo organizzato, infatti, non dico un festival, ma una giornata di musica ricca di ospiti, mentre questo è un mio concerto organizzato in tre settimane. Spero il primo di una serie".
Ottimista, vista la situazione sanitaria?
"Il panico mediatico è il più grosso problema italiano. In giro ci sono raffiche di bollettini sui contagi che non tengono conto dei ricoveri ospedalieri. Il vaccino sta funzionando e mi sembra che la situazione sia abbastanza sotto controllo. Fuori controllo c’è solo il panico".
E chi ha interesse a spargere panico?
"Il “clickbaiting“, il bisogno di accumulare visualizzazioni, credo...".
Anche se davanti ad un pubblico con mascherina e green pass, “La terza estate dell’amore“ trova finalmente una sua dimensione live.
"Nonostante ci fossero le condizioni per farla ad ottobre, per motivi burocratici abbiamo dovuto rimandare la presentazione di Bologna. Il Governo ha lasciato la patata bollente ad una commissione locale e quella non se l’è sentita di accollarsi la responsabilità di dire sì. Ma io di stare fermo ancora non avevo alcuna intenzione".
Lei ha ufficializzato lo spostamento dell’evento con un comunicato molto critico, ma rispettoso della legge. Altri come Salmo, invece, quella legge l’hanno sfidata.
"Quello di Salmo ad Olbia non è stato un concerto, ma un gesto eversivo fatto per sottolineare la grandissima ipocrisia di un centro storico assiepato di turisti in cui viene, però, rifiutato ‘per motivi di sicurezza’ uno spazio alla musica. Quindi sono pienamente d’accordo con lui. Anche se forse, nella circostanza, non è stato un abile comunicatore".
Perché?
"Le autorità hanno militarizzato i concerti, mentre il resto della vita quotidiana si svolge normalmente. Basta salire su un treno regionale per rendersene conto. Mi sembra che questa penalizzazione del mondo del live abbia rispolverato una visione sinistra della musica, intesa come qualcosa di pericoloso da cui proteggersi. E invece è qualcosa di molto importante e sacro che, pure nel nostro Paese, dovrebbe iniziare a scalare qualche gradino nella gerarchia delle priorità".