
Enrico Brignano ironizza sui tanti tic dell’umanità nello spettacolo in scena fino al 20 marzo
Milano, 8 marzo 2016 - Il palco come un pulpito. Che non si tiene un cece in bocca quando c’è da parlare di vizi e virtù (poche) della società. Con quel sorriso sornione che fa venire in mente il suo maestro: Gigi Proietti. Eccolo Enrico Brignano, golden boy della comicità nostrana. Da stasera al 20 marzo torna in città ospite del Barclays Teatro Nazionale con il suo “Evolushow 2.0”, evoluzione del suo precedente spettacolo sull’evoluzione. Vien quasi mal di testa. Ma già si formano le file al botteghino. Perché il comico romano piace a prescindere dal mezzo, si tratti di cinema, teatro, tv. Eclettico. Qui a raccontare di un mondo parecchio cambiato. E di un progresso che corre veloce. Ma lascia qualche perplessità.
Brignano, il titolo sembra quasi un manuale di informatica.
«Infatti è un aggiornamento, proprio come fosse un software o un’app. Un nuovo spettacolo sull’evoluzione che prosegue il discorso precedente. D’altronde siamo nell’era dello svecchiamento, della rottamazione».
Argomento?
«Il tema centrale siamo noi, gli esseri umani. Ne parlo mentre alle mie spalle scorrono delle immagini, le mie reali antagoniste. Sono suggestive, a volte accompagnano l’affabulazione della parola, altre creano un contrasto o un rimando inatteso».
Una sorta di dialogo col grande schermo.
«D’altronde il nostro è un mondo di immagini. I giga dei telefonini sono per buona parte occupati da foto e filmati. Non ci accorgiamo che continuando a fare così, non riusciamo più a parlare. Quando non c’è campo o si scarica la batteria, non siamo in grado di esprimerci, di usare aggettivi, di cercare i significati corretti. E poi racconto di come sono cambiati i giovani, di tatuaggi e paternità, perfino la noia non è più la stessa. Solo i bambini vengono al mondo al solito modo».
Si percepisce un certo pessimismo: è tutto così nero?
«Senta, quando fu eletta Miss Italia disse che avrebbe voluto vivere nel periodo della Seconda guerra mondiale, evidentemente non si ricordava bene le cose che aveva da poco finito di studiare. Quello fu un periodo dove c’era poco da ridere. Come ai tempi delle Brigate Rosse o degli attentati a Falcone e Borsellino. Oggi non è la fine del mondo come dicono i Testimoni di Geova, siamo sopravissuti al Millennium Bug e al crollo di Wall Street. E certamente, se uno non accende il televisore, magari non viene a sapere dello tsunami dall’altra parte del mondo. Ma non è un periodo roseo». L’iperinformazione è un problema molto contemporaneo.
«Sì, dobbiamo essere informati su tutto e in tempo reale, abbiamo bisogno di un satellite per sapere se a Oslo nevica o se a Los Angeles c’è il sole. Non sarebbe male spegnere tutto per un giorno».
O almeno un paio d’ore…
«Sarebbe già un successo decidere di non prendere la macchina, farsi una passeggiata e riflettere con se stessi. Sono queste le cose più preziose».
Concludiamo col teatro.
«Come fai a non amarlo? E poi il teatro è così difficile. Mi fa piacere che lo spettacolo sia Biglietto d’oro, come già il Rugantino. Un segnale importante, che mi gratifica. C’è insomma un motivo se qualcuno esce di corsa dall’ufficio, si veste bene, impazzisce per il parcheggio e spende soldi per vedere uno spettacolo dal vivo. Conferma come il teatro rimanga un piacere diverso. E unico».
Evolushow, da stasera alle 21 a domenica 20 marzo alle 17 al Barclays Teatro Nazionale, via Giordano Rota 1.