REDAZIONE CRONACA

Gela, lo zio lo investe e lo frusta con una catena. Lui spara alla cugina

Un'autentica faida familiare nel Nisseno finisce con 2 arresti e altre 2 misure cautelari. La vendetta non va a segno: pallottola conficccata in un muro

Gli investigatori hanno ricostruito l'intricata dinamica

Caltanissetta, 6 ottobre 2021 - Un faida familiare finisce con 4 ordinanze cautelari, fra cui due arresti in carcere. Accade a Gela, in provincia, di Caltanissetta, dove un uomo per vendicarsi dello zio che lo aveva prima investito e poi pestato con una catena spara alla cognata e cugina acquisita, parente di entrambi. I carabinieri del Reparto territoriale hanno eseguito le quattro misure cautelari, di cui due ordinanze di custodia cautelare in carcere, emesse dal gip di Gela su richiesta della locale Procura a carico di altrettante persone, accusate a vario titolo di tentato omicidio, porto abusivo di arma da sparo e intralcio alla giustizia. Le indagini sono scattate il 2 maggio quando i carabinieri sono intervenuti in via Annibal Caro per l'esplosione di un colpo di pistola che per un soffio aveva mancato una giovane donna che si trovava dietro una finestra di casa. Gli investigatori hanno presto compreso che l'episodio era maturato nell'ambito della conflittualità esistente tra due diversi gruppi familiari, legati però da stretti vincoli di parentela. Solo poche ore prima uno degli arrestati, B.G.C., 35 anni, mentre percorreva via Bevilacqua in sella a uno scooter, era stato travolto da un'auto di grossa cilindrata guidata dallo zio 40enne.

Caduto a terra, il 35enne era stato aggredito con una catena utilizzata come una frusta. Dopo essersi ripreso l'uomo si era armato e si era diretto a casa della giovane donna, distante circa 200 metri dal luogo dell'incidente, esplodendo un colpo di pistola. Il proiettile, però, ha mancato il bersaglio e, dopo aver infranto una finestra, si è conficcato in un muro della abitazione della vittima designata. Zio e nipote  sono così finiti in carcere. Altre due persone, vicine al trentacinquenne, sono state raggiunte, invece, dal divieto di avvicinamento alla persona offesa: avrebbero avvicinato e intimorito un testimone oculare per convincerlo a dichiarare il falso.