
Da sinistra: Ernesto Preatoni, Giancarlo Mazzuca e Paolo Savona ieri a Palazzo Cusani, a Milano (Newpress)
Milano, 15 ottobre 2014 - "Uscire dall’euro per salvare il Paese e l’Europa intera", dice Ernesto Preatoni. Oppure, meglio, «minacciare di uscire dalla moneta unica per convincere l’Ue a fare le riforme che servono», suggerisce Paolo Savona. Il tema, che da mesi ha contagiato il dibattito politico non solo italiano, infiamma gli animi. Come si visto ieri sera a Milano, durante l’incontro a Palazzo Cusani per presentare il libro «La vita oltre l’euro» (Rubbettino), in libreria da oggi, nato da una lunga conversazione di Giancarlo Mazzuca, direttore del «Giorno», con l’imprenditore Ernesto Preatoni. Che, di fronte a una sala gremita, ha ribadito la necessità di una svolta, diversa da quella annunciata dal governo italiano. «Il problema non è fare le riforme, ma prendere atto che col vincolo dell’euro non cresceremo più".
Specie se alla morsa della crisi economica si aggiunge quella del fiscal compact. «Il nuovo Corano dell’Europa», lo definisce Paolo Savona, ex ministro del Tesoro e dell’Industria, ieri al tavolo dei relatori insieme a Mazzuca e Preatoni. Ed è rispondendo a una domanda di Mazzuca che Savona svela il tallone d’Achille dell’euro. «L’attuazione della moneta unica non corrisponde alla filosofia che ne era alla base». E la mancata unione politica dell’Europa, «ha reso l’Ue zoppa e le sue istituzioni incapaci di funzionare». La soluzione? Chiedere all’Ue di riformare la sua stessa architettura. Una causa che vale la minaccia, «da sussurrare riservatamente ai partner europei», di tornare alla lira. O al fiorino italiano, come Preatoni preferirebbe chiamare la nuova moneta nazionale. Ma bisogna agire in fretta. «A mercati chiusi - si raccomanda - evitando le corse dei risparmiatori agli sportelli delle banche col relativo crack degli istituti di credito e creando una camera di compensazione per preservare i consumi». La via tracciata da Preatoni prevede un’«uscita programmata dall’euro, magari dopo un accordo con la Germania, e una grande svalutazione».
C'è spazio anche per qualche confidenza: «Anni fa, di fronte alle difficoltà dell’euro - racconta Savona - mi trovai a dichiarare: abbiamo bisogno di un piano B. Mi telefonò Tremonti, allora ministro, confessandomi: “Un piano B ce l’abbiamo“. Sono convinto ce l’abbia anche la Banca d’Italia». A frenare la politica è la mancanza di una spinta da parte dell’opinione pubblica. «Eppure - insiste Preatoni - l’euro è sfavorevole a tutti. Anche alla Germania. E i Paesi dell’eurozona sono quelli che crescono meno. Per questo ritengo che occorra affrontare la situazione di petto. Il rischio è di abbandonare l’euro quando è ormai troppo tardi». Una ricetta che non tutti si sentono di sottoscrivere. «Uscire dall’euro significherebbe creare un problema in più all’Italia», osserva Mario Mantovani, vicepresidente della Regione Lombardia. «Strada impraticabile», secondo il manager Pierfranco Faletti. Meglio puntare all’unione politica europea, su cui insiste Savona: «Nessuno deciderà mai di affrontare il contenzioso internazionale che un’uscita dall’euro provocherebbe». Preatoni difende le sue posizioni fino a inalberarsi. «Il gap con la Germania continua a crescere. Si arriverà a un punto di rottura. Meglio cominciare a prepararsi».
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