GIULIO MOLA
Cronaca

Tratta dei calciatori, il business dei documenti falsi

A migliaia in arrivo dall’Africa verso l’Italia e la Svizzera: il giro dei passaporti, le accademie di “copertura“ e le scommesse truccate

Giovani giocatori di calcio in una foto di repertorio

Giovani giocatori di calcio in una foto di repertorio

Milano, 3 febbraio 2020 - Ottomila giovanissimi calciatori africani fra i 10 e i 18 anni passano dall’Italia ogni dodici mesi, adescati in nazioni poverissime come Mali, Ghana e Nigeria da sedicenti “talent scout“, e sono spediti in giro per il mondo ad inseguire la promessa di contratti con grandi club professionistici. Dietro questo sporchissimo business del pallone ci sono soprattutto bande di criminali e trafficanti di clandestini nordafricani, intermediari e procuratori senza scrupoli. Ma pure, come dimostrato da alcune inchieste italiane (e non solo), direttori sportivi, società fantasma, fondi di investimento.

Un sistema che funziona (quasi) alla perfezione, una grande torta da spartire, un giro d’affari di miliardi di euro. Migliaia sono i ragazzi diretti verso Belgio, Francia e Olanda che finiscono per vivere di stenti per le strade di Parigi dopo aver accarezzato il sogno del pallone, moltissimi quelli che in Italia chiedono di essere accolti da centri di accoglienza e sostegno. Le organizzazioni criminali non esitano a mettere le mani su bambini e adolescenti anche per alimentare un altro giro di affari milionario che viene gestito al confine fra Italia e Svizzera, ovvero quello delle scommesse.

L’inchiesta di Cremona di qualche anno fa portò alla luce quel che accadeva fra Milano, Chiasso e Lugano, ma soprattutto i legami con gli “zingari“ slavi e la mafia asiatica. Ma forse in pochi sapevano che soprattutto i giovani calciatori extracomunitari sono nel mirino dei faccendieri del mondo delle scommesse. Il ritornello è sempre il solito: i ragazzi vengono attirati in Europa con la promessa di giocare in un grande club. Evitano anche il viaggio in barcone e arrivano comodamente in aereo ma poi si trovano un bivio: se tecnicamente non sono ritenuti all’altezza vengono abbandonati in albergo o per strada, i più affidabili vengono spediti in squadre minori o in nazioni poco rilevanti con un preciso scopo, quello di facilitare gli organizzatori di combine. E siccome oggi si “punta“ su tutto (68 tipi di scommesse, anche su fatti tecnici e a partita in corso) e su tutti (Campionati under 18, serie C, serie B, tornei Primavera e Mondiali giovanili), a volte bastano una cena o un paio di scarpe nuove per convincere i ragazzi a dare informazioni (per influenzare l’andamento delle quote) o a comportarsi in un certo modo sul campo. E quando ci si accorge dei "flussi anomali di scommesse" è troppo tardi, anche per i ragazzi uscirne è impossibile. E pericoloso.

La maggior parte dei giovani calciatori viene reclutata in Nigeria o in Ghana. È nel cuore dell’Africa che la caccia dei talenti ha causato la proliferazione di centinaia di finte accademie calcistiche volte allo sfruttamento di giovani atleti per creare profitto. Una corsa all’oro seguita con interesse anche dai club più importanti d’Europa che in giro per ogni continente creano nuove scuole calcio. Spesso (ma non sempre, perché qualche volta il campioncino spunta davvero) dietro la maschera del “fine umanitario“ ci sono altri interessi. Ecco perché questi ragazzi, a differenza di quelli che pure pagano il viaggio (dai 3.000 ai 10.000 euro) ma approdano in barcone con altri disperati, hanno un approccio diverso. Arrivano in Italia, passano il confine con la Svizzera, perché è soprattutto nel Canton Ticino (o a Parigi, dove in migliaia si rivolgono a Yaya, il falsario più conosciuto e introvabile del pianeta calcio) che avviene la consegna dei nuovi documenti (al costo minimo di 500 euro). Falsi. Ma che permettono di avere un tetto e una possibilità di sopravvivenza (o un contratto, perché se rientri in Italia da “maggiorenne“ hai più possibilità).

E quando non ci sono passaporti di mezzo, i giocatori vengono ceduti, come si vende al mercato un chilo di cacao, a società “fantasma“ o poco trasparenti. Una di queste, la Flyng Sport Promotion (con sede ad Harrow, in Inghilterra) ha agito indisturbata per anni finché il suo legale rappresentante, il barone italo-svizzero Filippo Dollfus, non è finito agli arresti per "associazione a delinquere finalizzata a riciclaggio", dopo un’inchiesta della Procura di Milano. Se ci sia un nesso fra le due cose non si sa, ma è certo che tanti notissimi personaggi si avvalevano degli schermi societari offshore di Dollfus al fine di evadere le imposte. L’uomo gestiva da Lugano i suoi affari calcistici tramite la FSP: ovvero il “Progetto scuola calcio Lagos“, ideato e creato "allo scopo specifico di identificare, selezionare, reclutare, addestrare e collare giovani atleti sul mercato calcistico mondiale, concentrando la sua ricerca ad atleti di nazionalità nigeriana" (con gli atleti rapporto di esclusiva e penali fino a 750.000 euro). Quindi contatti e contratti con le Academy nigeriane, procuratori e mediatori, ma pure con tanti club della serie A e serie B (come si evince dalle carte della società, improvvisamente sparita), o dei campionati sloveni e curiosamente con manager Infront, l’azienda che per anni in Italia ha gestito i diritti di marketing e mediatici del prodotto calcio.