Tragedia del Mottarone: "mancati investimenti" sulla sicurezza”. Servizio e sicurezza sotto accusa

Indagini chiuse a Verbania per l’incidente che il 23 maggio 2021 causò 14 vittime: otto a rischio processo

Mottarone, le operazioni di rimozione della cabina (Ansa)

Mottarone, le operazioni di rimozione della cabina (Ansa)

di Andrea Gianni

VERBANIA

Dietro il disastro , che due anni fa provocò la morte di 14 persone in gita sul monte affacciato sul lago Maggiore, c’è anche una questione di soldi, cioè il "risparmio" di denaro. Per il gestore della funivia, la società Ferrovie del Mottarone di proprietà di Luigi Nerini, un risparmio "derivante dai mancati o insufficienti investimenti, anche in termini di assunzione del personale, necessari per garantire le attività di controllo e manutenzione (...) e nel conseguente incremento degli utili". Per il colosso altoatesino Leitner Spa, incaricato della manutenzione attraverso un contratto del 2016 definito dalla Procura "inadeguato", il risparmio derivava "dall’attribuzione dell’incarico di direzione di esercizio a un proprio dipendente (Enrico Perocchio, ndr ), già retribuito in tale veste, senza compensi aggiuntivi e in posizione di conflitto di interessi, e nel conseguente incremento dei margini di guadagno".

Sono alcune delle accuse contestate dalla procuratrice di Verbania Olimpia Bossi e dalla pm Laura Carrera, che ieri hanno chiuso le indagini preliminari, atto che prelude alla richiesta di rinvio a giudizio, sulla tragedia del 23 maggio 2021: a mezzogiorno la fune traente d’acciaio si è spezzata, facendo precipitare da un’altezza di 17 metri la cabina 3, che si è schiantata a terra con i 15 passeggeri a bordo. Uno solo è sopravvissuto, il piccolo Eitan, rimasto orfano. Le cause della strage - incuria, superficialità e misure di sicurezza ignorate - sono state chiarite dalle perizie. La Procura, ora, ha definito le presunte responsabilità, stralciando le posizioni di 6 tecnici indagati, in vista di una richiesta di archiviazione. Rischiano invece il processo, oltre alle due società, l’imprenditore Nerini, il direttore d’esercizio Perocchio, il capo servizio Gabriele Tadini, i dirigenti Leitner Anton Seeber, Martin Leitner e Peter Rabanser. I reati contestati a vario titolo sono attentato alla sicurezza dei trasporti, rimozione o omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, disastro colposo, omicidio plurimo colposo, lesioni e solo per Tadini e Perocchio anche il falso, perché non erano state annotate nel registro gravi anomalie tra cui "un episodio di accavallamento della fune traente sulla fune portante" del 18 marzo 2021.

La Procura mette in luce gli elementi cardine dell’indagine: la "mancata esecuzione dei controlli" e l’attivazione del “forchettone” che ha disinnescato il sistema frenante di sicurezza. Sistema che avrebbe salvato 14 vite, evitando la caduta della cabina. Tadini (difeso dall’avvocato Marcello Perillo, chiederà di essere interrogato) è l’uomo che "materialmente" lo ha fatto, ma Nerini e Perocchio hanno agito "avallando e rafforzando la determinazione". Nerini "chiedeva ai lavoratori di svolgere la loro attività in una situazione in cui persisteva un pericolo grave e immediato". E i dirigenti di Leitner "non vigilavano adeguatamente" sull’operato di Perocchio.