Il freddo estremo l’ultima sfida di Simone Moro: in Siberia, sulla vetta più gelida

La nuova sfida dell'alpinista bergamasco dove sorge il Pik Pobeda: "Lo chiamano il Polo Freddo. La temperatura più bassa registrata ufficialmente nel centro abitato è stata di -71,3 C"

L'alpinista Simone Moro (Cardini)

L'alpinista Simone Moro (Cardini)

Bergamo, 5 gennaio 2018 - «Capita nella vita di abituarsi alle cose più impensabili, assurde ed estreme. E allora bisogna essere capaci di sorprendere e cambiare obiettivo». Simone Moro, alpinista bergamasco di 50 anni, l’unico ad aver scalato per la prima volta al mondo quattro ottomila in pieno inverno, è in partenza per una nuova sfida. Ha deciso di prendersi una pausa dall’alta quota ma vuole confrontarsi con un freddo se possibile ancora più estremo rispetto all’Himalaya: quello della regione montuosa della Siberia orientale dove sorge il Pik Pobeda, 3003 metri di roccia e ghiaccio, molto vicino al Circolo Polare Artico. Sarà ancora una volta in compagnia dell’alpinista altoatesina Tamara Lunger, 31 anni, già protagonista con lui della prima invernale sul Nanga Parbat.

«Lo chiamano il Polo del Freddo – spiega Moro – La temperatura più bassa registrata ufficialmente nel centro abitato è stata di -71,3 C° . Non oso pensare come sarà sulla granitica montagna che vogliamo esplorare nella stagione più glaciale dell’anno. Dovremo dormire all’interno di buche scavate nella neve, perché nella tenda rischieremmo di morire». Il motivo che li porta nella regione chiamata Chersky Range è che il Pik Pobeda non è mai stato salito in inverno e non è difficile immaginare il perchè. Ma l’obiettivo della nuova spedizione dello scalatore bergamasco è ancora più ampio. 

«Si tratta di un altro tipo di esplorazione rispetto a quello a cui sono abituato sulle montagne dell’Himalaya – racconta – Mi sembra di aver dimostrato di saper andare sufficiente bene sui colossi di ottomila metri in inverno. Ora manca solo il K2, che questa stagione verrà tentato dai polacchi. Non ci voglio andare. Spero che lo salgano loro. Io non ne ho bisogno. Non così stupido da rischiare di rompere una promessa che ho fatto per fare qualcosa che non è più necessario. Questa nuova avventura invece sarà un mix dal punto di vista alpinistico, documentaristico e antropologico».

Raggiungere la montagna sarà già un’impresa per il team (di cui faranno parte anche Matteo Zanga e il reporter italo/russo Filippo Valoti Alebardi), visto che dopo tre voli aerei ci si dovrà muovere a bordo di jeep, motoslitte, a tratti con le renne e infine con gli sci ai piedi. Ad aiutarli sul posto ci sarà l’alpinista locale Oleg Sayfulin. La partenza è fissata il 22 gennaio: «Sarà strategico esporsi il meno possibile al freddo e dovremo affrontare la montagna in velocità. Ciò che ci attrae però è il contatto con persone, famiglie e bambini che vivono a 50 gradi sottozero con quattro ore di luce al giorno. Comunità grandi come mezza Bergamo che non immaginiamo nemmeno in che condizioni vivano».