Riforma della Sanità in Lombardia: ecco le modifiche imposte dal Governo

Troppo discrezionale la scelta dei direttori generali, timori sul controllo degli ospedali accreditati, da ripensare i ruoli di medici di base e farmacie nei nuovi presìdi

Il ministro della Salute Roberto Speranza

Il ministro della Salute Roberto Speranza

Milano -  Le procedure di nomina dei direttori generali, le modalità di accreditamento degli ospedali privati, il modello di gestione delle Case di Comunità: sono questi i temi della legge di riforma della sanità lombarda sui quali il Governo ha chiesto alla Regione una correzione di rotta. Non gli unici rilievi, ma i principali tra quelli contenuti nelle 9 pagine firmate da Luca Monteferrante, capo dell’Ufficio legislativo del ministero della Salute. Il governatore Attilio Fontana si è già impegnato ad emendare la riforma entro fine marzo attraverso la legge di revisione normativa ordinamentale, evitando così che il Governo impugnasse la riforma.

Nel dettaglio , quanto alla scelta delle fìgure apicali delle Agenzie di Tutela della Salute (ATS), delle Aziende Socio Sanitarie Territoriali (ASST), delle Aziende Ospedaliere (AO) e degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (Irccs), la legge 22, approvata a dicembre dal Consiglio regionale, stabiliva che la competente commissione regionale individuasse, "tra gli idonei al conferimento dell’incarico di direttore generale, fino a 300 candidature più adatte a raggiungere le finalità e gli obiettivi" previsti dal sistema sanitario. E che "l’inserimento nella rosa regionale" avesse "una durata massima di 3 anni purché i candidati inclusi nella predetta rosa" risultassero "ancora inseriti nell’elenco nazionale" dei direttori generali. Una disposizione che il ministero della Salute ha bocciato perché ritenuta "non in linea con i principi delle disposizioni statali" nonché troppo discrezionale. Infatti, scrive il ministero, mentre il legislatore statale ha previsto che le Regioni nominino direttori generali esclusivamente gli iscritti al relativo elenco nazionale e "che all’esito di ciascuna selezione regionale venga formata una rosa di candidati, facendo chiaramente riferimento ad un numero ristretto di soggetti, il rinvio ad un elenco regionale con 300 candidati sembra escludere qualsiasi principio di selezione, lasciando alla Giunta regionale la possibilità di individuare con quasi totale discrezionalità il soggetto più idoneo".

Sempre delicato il tema dell’accreditamento degli ospedali privati. I rilievi formalizzati dal ministero della Salute coinvolgono anche il ruolo e le competenze delle ATS. E la preoccupazione espressa a più riprese dal ministero è relativa alla possibilità di governare e controllare in modo consono l’articolazione tra sanità pubblica e sanità privata accreditata. Da qui il monito messo nero su bianco a pagina 7: "Si suggerisce alla Regione di attribuire la competenza in merito al rilascio dell’accreditamento istituzionale a livello centralizzato regionale (e non alle singole ATS ndr) al fine di rafforzare l’effettiva capacità di governo regionale del sistema di erogazione delle prestazioni, come peraltro raccomandato nel documento elaborato da Agenas sull’analisi del modello di di riferma del sistema sociosanitario lombardo". Qualche pagina prima, il ministero ravvisava come "l’attribuzione alle ATS del potere di rimodulare i rapporti contrattuali in essere" con i privati accreditati unita alla "piena flessibilità e autonomia organizzativa" riconosciuta agli stessi "potrebbe incidere – ancora – sull’effettiva capacità di governo istituzionale del sistema si erogazione delle prestazioni sanitarie a carico del servizio sanitario nazionale e lombardo". Ma non è finita.Il Governo contesta anche la possibilità – prevista dalla nuova legge sanitaria lombarda – di istituire "unità operative" con raggio d’azione regionale solo e soltanto all’interno di una singola ATS, senza che venga meno, però, il coordinamento della Direzione Generale Welfare. Un coordinamento ritenuto non sufficiente dal ministero c he, anche in questo caso, suggerisce alla Regione di centralizzare tutte le attività di competenza delle ATS "al fine di ottimizzare la complessiva capacità di governo regionale del sistema sanitario nel suo insieme".

Attenzione , infine, ai rilievi relativi alle Case di Comunità, espressamente previste dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Queste, stando a come le ha concepite la Regione, "possono essere gestite esclusivamente dai medici di medicina generale e dai pediatri di libera scelta riuniti in associazione o in cooperativa e in collaborazione con le farmacie convenzionate". Il ministero della Salute rileva, allora, come "le previsioni del PNRR" non prevedano per i medici di base e i pediatri "alcuna specifica responsabilità gestionale", richiedano, invece, "il coinvolgimento di molteplici professionalità" ed escludano "il solitario ed esclusivo riferimento alla collaborazione con le farmacie". L’ultima nota è sul piano pandemico regionale, che deve essere aggiornato ogni 3 anni, non ogni 5, come previsto in origine.