ROBERTA RAMPINI
Cronaca

Da Pregnana Milanese a Palazzo Lombardia, la protesta dei dipendenti Fpt: dall’1 maggio licenziati o “ricollocati”

Gli ultimi 63 lavoratori della multin azionale italo-statunitense temono di restare senza stipendio né cassa integrazione. I sindacati: “Abbiamo poco tempo”

Protesta davanti alla Regione

Dentro la trattativa, fuori il presidio di protesta. Si è spostata da Pregnana Milanese a Palazzo Lombardia a Milano, sede della Regione, la discussione sul futuro degli ultimi 63 dipendenti della Fpt Industrial - Gruppo Iveco. La multinazionale italo-statunitense dopo aver chiuso il plant pregnanese (che dava lavoro a 260 persone) e trasferito le attività produttive a Torino, lo scorso febbraio ha aperto la procedura di licenziamento collettivo per gli ultimi dipendenti. Il licenziamento scatterà il 1° maggio 2023 alla scadenza del secondo anno di cassa integrazione, salvo il caso in cui i dipendenti accettino la proposta di ricollocazione in altre sedi del gruppo o si trovino soluzioni alternative.

All'incontro hanno partecipato Marco Giglio, Roberta Turi e Francesco Caruso, rispettivamente segretari di Fim, Fiom e Uilm provinciali, i rappresentanti dell'azienda e il neo assessore regionale all'istruzione, formazione e lavoro, Simona Tironi. "Abbiamo a disposizione poco tempo e dobbiamo trovare soluzioni per tutti - spiegano i sindacati - ci sono 20 dipendenti che possono andare in pensione e qualcuno sta valutando il trasferimento nello stabilimento di Torino, ma non basta. L'azienda deve fare di più. Mentre alla Regione e ai Comuni abbiamo chiesto di individuare dove è possibile delle soluzioni per ricollocare i lavoratori in aziende del territorio. Purtroppo siamo in questa situazione perchè uno degli impegni contenuti nell'Accordo sottoscritto quando è iniziata la vertenza sindacale non è stato rispettato: quello della reindustrializzazione di quell'area".

Un prossimo incontro è previsto ad aprile. Ma intanto tra i dipendenti crescono i timori di restare in mezzo alla strada, senza lavoro, senza stipendio o cassa integrazione. Malumori anche per come sono stati organizzati i corsi di formazione "sono stati ridicoli, non è stato fatto un bilancio delle competenze, tutti abbiamo fatto gli stessi corsi indipendentemente da quello che già sapevamo fare o da quello che invece era utile imparare - spiega uno di loro - per esempio abbiamo fatto due corsi di informatica base assolutamente identici. E alla fine non sono arrivate proposte concrete di lavoro".