Covid, i virologi ottimisti su Centaurus: "Gli antivirali funzionano". Ecco perché

Galli e Bassetti commentano la scoperta secondo la quale la sottovariante BA.2.75 non sfuggirebbe ai nostri anticorpi più della variante Omicron 5

Un test per il Covid in Cina

Un test per il Covid in Cina

Milano - Dal mondo dei virologi arriva un certo ottimismo sul futuro prossimo del Covid. “Buone notizie dalla scienza dell’evidenza, quella che ad alcuni italioti è sconosciuta. Centaurus non é diversa rispetto a Omicron 5 nella capacità di scappare alla copertura vaccinale. Anche i monoclonali dimostrano di funzionarvi. Per l’autunno, quando arriverà e (forse) prenderà il sopravvento, con il richiamo ai fragili e agli over 65 dovremmo riuscire a arginarne gli effetti su ospedalizzazioni, forme gravi e decessi. 

E oltre ai vaccini, avremo monoclonali e antivirali per trattarla, come già avvenuto con le altre gemelle Omicron”. Così Matteo Bassetti, primario di Malattie infettive dell’ospedale San Martino di Genova, commenta lo studio del Karolinska Institutet, pubblicato sul ‘Lancet infectious diseases’, dal quale è risultato che la nuova sottovariante di Omicron BA.2.75 non è più resistente ai nostri anticorpi rispetto alla variante Omicron 5 attualmente dominante.   Anche Massimo Galli, già direttore del reparto di Malattie infettive dell’ospedale Sacco di Milano, ostenta un certo ottimismo: “Il risultato dello studio del Karolinska Institutet svedese sulla sottovariante BA.2.75, ribattezzata Centaurus, che non risulta sfuggire ai nostri anticorpi più della variante Omicron 5 “come dato in vitro è sicuramente rassicurante sia rispetto a persone che hanno fatto il vaccino sia quelle curate con anticorpi monoclonali” anche se resta da capire - e questa è la domanda delle cento pistole - cosa può succedere nella reale situazione epidemiologica nel contesto sociale”. 

Galli sottolinea come il comportamento di ‘ Centaurus’ sul campo - ad esempio in India dove è stata inizialmente segnalata e dove la situazione è molto diversa, a partire dal livello di vaccinazione - “non possa essere paragonato ad altri emisferi”. In Italia infatti “dove è stata segnalata da circa un mese, non si è diffusa in maniera eccessiva, ma - fa notare - parliamo dei mesi estivi, di una realtà diversa da quella autunnale, e bisognerà vedere cosa succede in uno scenario diverso“.

“Questo perché - rimarca - la pandemia non finisce per decreto e la prossima stagione vede ancora, nel nostro Paese, poche quarte dose di vaccino somministrate, ancora tanti non vaccinati o ipovaccinati”. “C’è da augurarsi - conclude l’infettivologo - che i prossimi vaccini in arrivo per quanto non aggiornatissimi siano in grado di sviluppare una risposta immune tale da ridurre ulteriormente il margine delle varianti circolanti sia di poter infettare che di indurre Covid grave”.