
Nicola Jiang racconta sui social le curiosità culinarie del mondo
Milano – Certe volte un paio di posate o di bacchette possono diventare la chiave d’accesso per conoscere la storia e la cultura di un Paese. È questa la filosofia di Nicola Jiang, content creator da oltre 280mila followers che ogni giorno racconta sui suoi profili social le tradizioni alimentari delle città che visita. E ad attrarlo sono soprattutto le pietanze più atipiche: dagli spiedini di medusa agli snack al sapore di terra, il giovane influencer si tuffa a capofitto alla scoperta di universi gastronomici in cui ad averla vinta è chi ha lo stomaco più forte.
La decisione di intraprendere una carriera sui social è giunta un po’ per caso: nel 2019 Jiang si trovava in Cina per festeggiare il Capodanno con i suoi parenti, quando l’esplosione del Coronavirus ha stravolto i suoi piani. Tra voli cancellati e regole comportamentali sempre più stringenti, il ritorno in Italia appariva ormai un lontano miraggio: per due anni Jiang è rimasto in Cina e per lui, nato e cresciuto in Italia, questa si è rivelata un’occasione d’oro per conoscere le sue radici. E più scopriva qualcosa di se stesso e delle sue origini e più sentiva la necessità di condividere le sue esperienze sui social. Giorno dopo giorno ha postato il suo viaggio culinario alla scoperta della Cina e in poco tempo i contenuti sono diventati virali. E gli utenti hanno avuto modo, oltreché di sorridere, di abbattere pregiudizi, culinari e culturali.
Jiang, nella sua bio di Instagram scrive: “Viaggio per mangiare”. Il cibo può aiutarci davvero a comprendere un Paese?
“Partiamo da un presupposto: io ho un modo tutto mio di viaggiare. Le code chilometriche per visitare i monumenti mi tediano, ma per assaggiare un piatto tipico potrei attendere ore e ore senza lamentarmi. Per me il cibo ha un potere immenso: ha la capacità di conservare e custodire l’essenza di un Paese. Un alimento è un po’ come una guida turistica, anzi, in alcuni casi può rivelare molto di più: ci fa capire le colture tipiche, il clima, la geografia e la storia di un dato luogo”.
Qual è la pietanza più assurda che ha mangiato?
“Ci sono tre piatti che per me occupano a pari merito il primo posto: tra questi c’è il Mao Dan, ovvero un uovo fecondato e cotto sulla griglia quando l’embrione al suo interno è quasi completamente formato. Il Mao Dan, in italiano “Uovo Peloso”, è un piatto che si può rintracciare tra i mercati cinesi. In Sardegna invece ho scoperto il Casu Marzu, un formaggio con all’interno larve di mosca vive ancora saltellanti. E poi non posso non citare la vastissima varietà di insetti fritti da gustare per le strade della Thailandia: una forma di street food indimenticabile”.
Qual è il Paese che l’ha colpita di più dal punto di vista alimentare?
“Ogni luogo è stato in grado di incantarmi: trovo incredibile come ogni cultura riesca a raccontare la propria identità attraverso la cucina. Tutto ciò che può essere etichettato come “strano” o “troppo diverso” è semplicemente un invito a vedere il mondo da un’altra prospettiva”.
In Italia andiamo molto fieri della nostra tradizione gastronomica: secondo lei c’è qualche Paese in grado di batterci?
“Ho viaggiato tanto, eppure continuo a pensare che la cucina italiana sia imbattibile. C’è un aspetto che tendiamo a sottovalutare: in Italia le pietanze riescono a essere buone e sane allo stesso tempo. C’è una cura maniacale nella scelta degli ingredienti, nella loro freschezza e qualità e questa ricercatezza la rende una cucina in grado di far bene alla salute, al palato e soprattutto all’anima”.
Che cos’è per lei il cibo?
“Il cibo è il ricordo che conservo ogni volta che torno a casa dopo un lungo viaggio. Per me è un linguaggio universale attraverso cui le persone riescono a raccontarsi senza il bisogno di parlare”.