Morti in carcere: in Lombardia dal 2002 sono 251. Quanti sono i suicidi (la maggior parte)

La mobilitazione dei Garanti delle persone private della libertà: “Servono interventi urgenti, non può continuare questa strage”

Carcere (Archivio)

Carcere (Archivio)

Milano, 16 aprile 2024 – “Servono interventi urgenti: non si può continuare a morire di carcere e in carcere". L’appello arriva dalla Conferenza nazionale dei Garanti territoriali delle persone private della libertà personale, che ha organizzato giovedì un momento di riflessione sui suicidi e sulle morti in carcere, con tutti i Garanti regionali, provinciali e comunali. A livello nazionale, fino a venerdì si contano 31 suicidi in istituti penitenziari da inizio anno, secondo il dossier “Morire di carcere“ di Ristretti Orizzonti. Il confronto con il 2023 è allarmante: quest’anno 17 persone in più si sono tolte la vita rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, 20 rispetto al 2019.

In Lombardia, i casi di suicidi verificati sono stati 2 nel 2024 (entrambi nell’istituto di Pavia), mentre era stato uno nel 2023 (a San Vittore). Dal 2002 al 2024, periodo considerato dal dossier “Morire di carcere“, parliamo di 251 decessi negli istituti di pena lombardi, di cui 155 suicidi accertati. L’iniziativa dei garanti arriva a un mese esatto dalla dichiarazione del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che, il 18 marzo scorso, ricevendo la Polizia penitenziaria, ha dichiarato che sui suicidi in carcere servono interventi urgenti. Giovedì, la Conferenza nazionale diffonderà l’appello, ricordando i nomi dei detenuti morti suicidi, per malattia e altre cause ancora da accertare nonché i nomi degli agenti di polizia penitenziaria che quest’anno si sono tolti la vita. Tra i grandi nodi ci sono sovraffollamento, che può fare da detonatore rispetto a situazioni personali già di fragilità, e chiusura delle celle perché la maggioranza dei detenuti vive, per oltre 20 ore al giorno, in celle sovraffollate, dalle quali esce solo nelle “ore d’aria”.

Secondo l’appello che sarà letto dai garanti, è necessario riempire di senso il tempo della detenzione, offrendo più attività “trattamentali”, potenziando le relazioni familiari e col volontariato. "È necessario un maggior numero di misure alternative, che da tempo chiediamo", spiega la garante delle persone private della libertà del Comune di Brescia, Luisa Ravagnani.

A Brescia, sul fronte sovraffollamento resta critica la situazione del “Nerio Fischione" (ex Canton Mombello). Dal Ministero della Giustizia si è appresa la volontà di proseguire con il progetto sul carcere di Verziano, che però non risolverebbe i problemi di vetustà di Canton Mombello, che resterebbe aperto, mentre a Verziano si potrebbe perdere lo spazio dedicato all’area trattamentale. Proprio ieri la sindaca Laura Castelletti ha scritto nuovamente al Ministero per l’istituzione di un tavolo che comprenda anche il Comune. "È un treno che Brescia non può perdere, il Nerio Fischione non ha ragione di essere – conferma Ravagnani – se non viene chiuso ora, dubito si potrà fare in futuro".