Stella di Saronno: il primo club italiano di tifose tutto al femminile. “Abbiamo il Milan nel cuore”

Fu fondato nel 1971 da Tina Prandina: la storica presidente se n’è andata nel 2011, la mattina dopo il diciottesimo scudetto. Ora il sodalizio è guidato dalla figlia Alberta

Lo striscione del Milan Club femminile Saronno

Lo striscione del Milan Club femminile Saronno

Saronno (Varese) – A Saronno il Diavolo rossonero si tinge di rosa. È il 5 febbraio 1971, data da ricordare: Ernesta Pagani sposata Prandina, semplificando Tina Prandina, fonda il Milan Club Femminile Stella, il primo in Italia composto da sole donne.

Dinastia rossonera 

Milanista e che milanista nonna Tina. Milanisti i figli Alberta e Giovanni, e i tre nipoti. Milanisti i mariti, per amore e per contagio. Virginia, figlia della nipote Miriam, è al mondo solo da quattro mesi, ma c’è da giurare che la prima parola, beninteso dopo "mamma" e "papà", sarà "Milan". Quattro generazioni. Il cuore tutto rossonero di Tina Prandini smette di battere una mattina di maggio del 2011.

Ha compiuto novant’anni e visto la sua squadra conquistare il diciottesimo scudetto. È ricoverata in ospedale per una embolia. I medici scuotono la testa: non ci sono più speranze. Invece nonna-gol si è risvegliata e tiene duro. "Per la festa di questa sera è tutto a posto? Allegri viene?", s’informa. Tutto confermato. Tina è felice, alza il pollice al cielo. Se ne va alle sei del mattino.

Scaramanzie da Champions

Scomparsa la fondatrice-presidente, il timone del Club, con un centinaio di iscritte, è nelle mani di Alberta, affiancata da Miriam. Derby di Champions. Semifinale del 2003, pari in bianco all’andata. Alberta socchiude gli occhi e il ricordo della partita di ritorno scatta, nitido e preciso.

"Gol di Sheva e pareggio dell’Inter. C’era ancora la regola dei gol in trasferta che contavano il doppio. Eravamo in finale. Kallon scendeva sulla fascia. Lo ricordo ancora che andava e sembrava impossibile fermarlo. Tiro ravvicinato e Abbiati ha fatto un miracolo. Naturalmente ero con mia mamma e c’erano anche Miriam e mio nipote Stefano, figlio di mio fratello. Fischio finale, euforia generale di noi milanisti, tutti che saltavano. Ho sentito mio nipote gridare ‘Zia, zia’. Mi sono preoccupata che gli fosse successo qualcosa. Invece mi ha domandato: ‘Zia, mi porti a Manchester?’ Non sapevamo ancora che la nostra avversaria nella finale sarebbe stata la Juventus. Siamo volate a Manchester. Io e Miriam con un volo, mia mamma con un altro. Era la nostra scaramanzia. Tutte le volte che con Tina ci vedevamo alla vigilia il Milan perdeva la finale".

Nel 2005 derby ai quarti. Milan vittorioso 2-0 all’andata. Ritorno in casa nerazzurra. Segna, neanche a dirlo, Shevchenko. L’Inter pareggia con Cambiasso, l’arbitro annulla. Dalla Curva Nord piove di tutto e un fumogeno colpisce a una spalla il portiere rossonero Dida. Il Milan si aggiudica l’incontro: 0-3 a tavolino. "Non è stata una gioia come quella del 2003. L’avevamo meritato, ma sarebbe stato più bello vincere sul campo. Pareva che mi sentissi quello che sarebbe successo dopo".

"Dopo” è la pazza finale di Istanbul, con il Liverpool: Milan in vantaggio per tre reti a zero, raggiunto, sconfitto ai rigori. "Anche a Istanbul mia madre e io eravamo andate con due voli separati. Ero davanti allo stadio. C’erano molte persone. All’improvviso la folla si è aperta. E chi ho visto? Mia mamma. Io e Miriam abbiamo cercato di correre via, ma ormai era troppo tardi".

E questa volta come andrà? "Di pronostici non riesco quasi mai a farne. E non parliamo di finale. L’Inter sta vivendo un grande momento. Noi abbiamo una grande Curva. Nessuna squadra ha la tifoseria del Milan. E’ il nostro giocatore in più".