Alessia Pifferi, bugie e serate nei locali. La nonna sui social: "E' un mostro"

La piccola Diana lasciata morire in casa. I racconti dei vicini di via Parea: ogni sera usciva con l’autista

Ora che il puzzle della tragedia, la morte di fame e sete della piccola Diana di 18 mesi, si è composto di molti tasselli, anche giudiziari, il quadro di come sia potuto succedere un tale orrore, del perché nessuno abbia fatto rete intorno ad Alessia Pifferi, 36 anni, mamma diventata assassina della sua bimba, del perché nessuno si sia accorto di nulla, si fa un po’ più chiaro. Non giustificabile, né umanamente comprensibile, ma solo più chiaro.

"Mia figlia è un mostro" Maria, la madre di Alessia, ieri in serata ha scritto su facebook agli amici e ai vicini che le faceva le condoglianze per la nipote: "Grazie a tutti... mia figlia è un mostro". Qualcuno si è offerto di pagare il funerale della piccola. Oggi che la verità sulla morte di Diana è uscita tutta, ad avere il coraggio di raccontare qualcosa in più di questa ragazza, sono gli abitanti di Ponte Lambro. Una fetta di periferia che sembra un paesino dove in tanti per anni hanno visto passare quella donna davanti alle loro finestre.

Il marito e la separazione L’Alessia casalinga tranquilla, sposata con Francesco, per tutti Franco, il brav’uomo, semplice semplice venuto su dalla Sicilia, che faceva le pulizie nei caseggiati popolari, e l’Alessia, dimagrita, divorziata, sempre in tacchi che si muoveva con una autista ed era fuori tutte le notti. "Dopo che si era separata dal marito andava a veniva da questa casa di via Parea, parte del caseggiato era appartenuto alla nonna materna e poi ora alla mamma Maria.

Rientri a tarda ora Spesso Alessia usciva spesso la sera tardi e chi la vedeva rientrare?" racconta il vicino, che fa il pizzaiolo e abita nell’appartamento sotto a quello in cui è morta la piccola. Un gruppetto di donne, coetanee di Alessia, in questa parte città che dista due ore dal centro e ruota attorno a una piazzetta anonima con un bar e un mercato comunale, la domenica pomeriggio, ora che le tv se ne sono andate, restano a commentare, sincere, la tragedia.

I vicini: "La gravidanza e le bugie" "Tutti ci eravamo accorti che Alessia era incinta - dice una di loro - aveva la pancia, non si poteva non vedere, anche se nessuno aveva osato chiedere altro, perché qui, a noi, diceva che era sterile, che non avrebbe mai potuto avere figli e che per questo soffriva molto. Ad altri aveva detto che ne aveva persi tre. Alessia era così raccontava, raccontava, ma era tutta una vita che esisteva solo nella sua testa. Raccontava un sacco di bugie". E ancora: "Se noi avessimo saputo che in casa c’era la bimba sola, saremmo intervenute certo - dice Antonella - siamo tutte mamme, io ho 4 figli piccoli, ma chi lo poteva sapere e chi poteva chiederle qualcosa senza avere il dubbio che stesse dicendo cose non vere". Difficile, insomma, secondo il quartiere “accusato“ di non essersi accorto di nulla, fare rete e aiutare una persona che appariva sempre soddisfatta, e fra l’altro tanto facile alla bugia al punto da inventarsi vite inesistenti. "Ogni tanto la vedevamo con il fidanzato di Leffe, si fermava qui qualche week-end, pensavamo che lui fosse il padre di Diana".