Milano, 21 gennaio 2021 – Si è conclusa l'audizione di fronte al Tar del Lazio per discutere il ricorso di Regione Lombardia contro la zona rossa. Nessuna decisione: il giudice ha deciso di riaggiornare a lunedì l'udienza per valutare i nuovi dati dell'emergenza sanitaria acquisiti con un decreto istruttorio. Con un decreto firmato oggi, i giudici di via Flaminia spiegano che "risulta opportuna l'acquisizione del Report fase 2 contenente i dati relativi alla settimana 11 gennaio/17 gennaio 2021, la cui pubblicazione e' attesa per la giornata di domani, venerdì 22 gennaio 2021". Pertanto, si legge ancora nel decreto, "le parti sono invitate a depositare la detta documentazione in tempo utile per il suo esame, differendosi l'audizione a lunedì 25 gennaio p.v". Con il ricorso, lungo 23 pagine, la Lombardia punta ad ottenere una revisione del peso attribuito ad alcuni dei parametri che definiscono il livello di rischio di ogni regione con l’obiettivo di uscire, così, dalla zona rossa. L’udienza si è conclusa di fronte al Tar del Lazio si è conclusa
Tre provvedimenti impugnati al Tar
Nel dettaglio, sono tre i provvedimenti impugnati al Tar del Lazio dalla Regione Lombardia attraverso l’avvocato Federico Freni: l’ordinanza firmata dal ministero della Salute il 16 gennaio scorso, che dispone la zona rossa in Lombardia fino al 31 gennaio, quindi il decreto della presidenza del Consiglio dei ministri datato 14 gennaio, contestato nella parte in cui detta i criteri in base ai quali si rientra in zona arancione o in zona rossa e, infine, il decreto ministeriale del 30 aprile 2020, che elenca i «criteri relativi alle attività di monitoraggio del rischio sanitario».
Il ricorso di Regione Lombardia
Secondo la Regione non è "minimamente intellegibile il criterio di ponderazione tra i 21 indicatori" individuati da Governo, ministero della Salute e Istituto Superiore di Sanità. Non è "minimamente intellegibile" il motivo per il quale a tali indicatori sia attribuita una rilevanza diversa. Una contestazione riferita soprattutto agli "indicatori di risultato", quelli con i quali si misura la stabilità di trasmissione del virus e la tenuta dei servizi sanitari, quelli tra i quali rientra anche l’Rt, l’indice di contagio. Questi, secondo la Regione, hanno un peso eccessivo rispetto agli indicatori che rientrano nelle altre due categorie: quelli che misurano le capacità di rilevazione del contagio da parte del sistema sanitario regionale e quelli che misurano, invece, le capacità di diagnosi dello stesso servizio sanitario. "Gli indicatori rilevanti – si legge nel ricorso – sono esclusivamente quelli di cui al terzo gruppo, ossia quelli “di risultato”. Incredibilmente – nota Palazzo Lombardia –, nell’ambito di tale valutazione di rischio, il dato dell’incidenza settimanale (ossia del numero di nuovi contagi ogni 100.000 abitanti), che è fortemente indicativo della progressione dell’epidemia e che permette di effettuare una prognosi veritiera sulla pressione cui il sistema sanitario sarà sottoposto nelle settimane successive, non assume alcun rilievo o, comunque, assume un rilievo del tutto recessivo rispetto all’indice di trasmissibilità Rt".
Monitoraggio Covid: i 21 parametri che determinano le zone /PDF
I numeri di Regione Lombardia
A riprova di quanto appena sostenuto, nel ricorso si rimarca come la Lombardia sia finita in zona rossa con un’incidenza pari a 133,30 casi ogni 100mila abitanti, mentre per il Veneto si sia prevista la zona arancione nonostante un’incidenza di 365,61 casi. Questo è accaduto, per la Regione, perché l’Rt ha un peso eccessivo rispetto ad altri indicatori. Ma l’Rt, si sottolinea, "fotografa una situazione epidemica non attuale", è un indicatore "strutturalmente in ritardo rispetto al contagio sia perché è calcolato sui sintomatici, i quali sviluppano i sintomi a distanza di giorni dalla data in cui sono entrati in contatto con il virus, sia perché, proprio non considerando il dato dei contagiati non sintomatici (apprezzato, invece, nell’ambito dell’incidenza),non fa emergere le catene di trasmissione tra asintomatici che restano occulte (se non esaminando il dato dell’incidenza)".
Fontana: "Danno ingiustificato"
"Abbiamo presentato ricorso al Tar contro la decisione del Governo e chiesto al ministro Speranza di rivedere i parametri che regolano questa decisione, così impattante sulla vita dei nostri cittadini e delle nostre imprese" ha confermato nell'Aula del Pirellone il presidente Fontana, definendo l'assegnazione della zona rossa "fortemente e ingiustamente penalizzante per la nostra Regione". Per la Lombardia il rischio "è di fermarsi e di fermare il lavoro, le attività, la vita sociale. Per questo motivo con il presidente Fontana abbiamo ritenuto di voler presentare ricorso per uscire dalla zona rossa, perché la Lombardia non la merita", ha rincarato la dose il vicepresidente e neo assessore al Welfare, Letizia Moratti.
Danno economico e sociale
Da qui si passa al danno economico e sociale provocato alla Lombardia: "L’assetto regolatorio delineato dai provvedimenti impugnati rende attuale, concreta e quotidiana la irreversibile compromissione degli interessi alla cui cura la Regione è istituzionalmente preposta". Le misure "illegittimamente disposte costituiscono un vulnus gravissimo ed ingiustificato al tessuto economico, sociale e produttivo della Regione. I provvedimenti ministeriali comprimono talune libertà fondamentali (il diritto alla libera circolazione e quello all’iniziativa economica privata, articoli 16 e 41 della Costituzione) di valore pari al diritto alla salute, senza attuare alcun bilanciamento; qualsiasi restrizione deve – invece – essere contenuta nei limiti, anche di tempo, ragionevoli e tali da non ledere gli altri diritti costituzionalmente garantiti". Le misure, infine, incidono "in modo indifferenziato su un tessuto economico già duramente provato dai provvedimenti emergenziali adottati nell’ultimo anno".