Rt e terapie intensive, Fontana: "Lombardia vicina alla zona rossa"

Iss: "L’epidemia si trova in una fase delicata, servono regole rigide". Ecco perché la regione rischia una nuova retrocessione

I dati che preoccupano Fontana

I dati che preoccupano Fontana

Milano, 9 gennaio 2021 - Lombardia "bocciata" e retrocessa in zona arancione (dopo aver sfiorato il rosso). "A seguito dei nuovi parametri noi siamo in zona arancione molto vicino alla zona rossa, con Rt 1,25 e con l'indice di occupazione delle rianimazioni rischiamo di passare in zona rossa" ha detto il presidente della regione Lombardia, Attilio Fontana. "Io sono sempre stato convinto che si dovessero riaprire le scuole - ha aggiunto Fontana - e consentire le lezioni in presenza, ma in questo momento la precauzione e l'evoluzione della pandemia deve indurre a una maggiore cautela". Nessuna buona notizia è infatti arrivata dal monitoraggio dell'Istituto Superiore di Sanità sull'emergenza Covid-19 nel Paese. "Dal 28 dicembre 2020 al 3 gennaio 2021, si osserva un peggioramento generale della situazione epidemiologica. L’incidenza a 14 giorni è tornata a crescere dopo alcune settimane di decrescita, in aumento anche l’impatto della pandemia sui servizi assistenziali: ciò si traduce in un aumento generale del rischio", si legge nel report settimanale dell'Iss. Occhi puntati sull'ormai celebre indice Rt: l’indice di trasmissione nazionale è in aumento per la quarta settimana consecutiva e, per la prima volta dopo sei settimane, sopra uno. Tre regioni hanno un Rt puntuale significativamente maggiore di 1: tra queste la Lombardia, affiancata da Calabria ed Emilia Romagna. Altre 6 lo superano nel valore medio (Liguria, Molise, Sardegna, Sicilia, Umbria, Valle d’Aosta), altre 4 hanno un valore uguale (Puglia) o che lo sfiorano (Lazio, Piemonte, Veneto). A preoccupare il Veneto, che mostra un tasso di incidenza particolarmente elevato, rispetto al contesto nazionale. "L’epidemia si trova, in una fase delicata che sembra preludere a un nuovo rapido aumento nel numero di casi nelle prossime settimane, qualora non venissero definite ed implementate rigorosamente misure di mitigazione più stringenti" hanno spiegato gli esperti. 

Un ulteriore campanello d'allarme è arrivato dall'Agenas, l'agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali: 9 regioni hanno superato la soglia di allerta (30%) per i posti occupati in terapia intensiva (Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio,  Lombardia, Piemonte, Bolzano, Trento, Puglia, Veneto) e sempre 9 sono quelle in cui invece è stata superata la soglia d'allerta del 40% dei posti nei reparti ospedalieri (Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Marche, Piemonte, Bolzano, Trento, Veneto). Da lunedì, con il ritorno al sistema delle fasce, si comincerà a lavorare al nuovo Dpcm, anche se l'impostazione è già chiara ed è quella di prorogare la maggior parte delle restrizioni fino al 31 gennaio. 

Perché la Lombardia non è già finita in zona rossa avendo un Rt medio pari a 1.27? Per molte regioni la valutazione è stata fatta prendendo l'Rt minimo. Cosa significa? L'Rt puntuale è in realtà una media dei vari indici Rt che vengono calcolati quotidianamente. La serie ha quindi un valore massimo e uno minimo. La Lombardia, che ha un indice Rt medio pari a 1,27 ha un Rt minimo di 1,24. Proprio questo valore avrebbe salvato la regione dalla zona rossa. Ma il rischio della fascia di provvedimenti più dura non è sfumato. Anzi. La prossima settimana, se i parametri non migliorano, rischiano di diventare rosse la Lombardia e altre 11 regioni. Ecco quali: Emilia Romagna (Rt 1.05), Friuli Venezia Giulia (0.91), Lazio (0.98), Liguria (1.02), Lombardia (1.27), Marche (0.93), Piemonte (0.95), Provincia di Bolzano (0.81), Provincia di Trento (0.85), Puglia (1), Umbria (1.01) e Veneto (0.97).

Se questo diffuso peggioramento è frutto delle festività è possibile che gli effetti di questo nuovo incremento continuino a farsi sentire per i prossimi giorni. Secondo gli esperti, infatti, un vero bilancio sull'efficacia (o sulla mancata efficacia) del decreto che ha segnato il calendario delle feste a cavallo tra la fine del 2020 e l'inizio del 2021 si potrà fare solo intorno a metà gennaio. Il timore è che il trend in salita scattato dall'inizio del nuovo anno possa continuare, senza portare una flessione della curva: l'inasprimento delle misure, in tal caso, sarebbe quindi inevitabile