
Il patrimonio verde
Non finisce mai di stupire la Lombardia e anche se oggi ci siamo abituati a guardare in alto solo per ammirare le architetture ardite dei grattacieli, in pochi sanno che la nostra regione costudisce una ricchezza antica e insieme maestosa costituita dai suoi alberi monumentali: 302 quelli catalogati nell’ultimo censimento, presenti praticamente in tutte le province.
Fermarsi a guardarli significa compiere un viaggio indietro nel tempo perché l’età di fronte a loro si misura in secoli. Il veterano è il larice bianco della Valmalenco, l’albero con età certa più vecchio d’Italia piantato nel 1007, quasi un secolo prima della prima Crociata. Da allora resiste a 2.160 metri di quota in Val Ventina, scampato a tempeste, fulmini, valanghe che hanno lasciato il segno nei larici e nei cembri che gli fanno da cornice. Adesso la sfida per lui e i suoi fratelli sarà riuscire a sopravvivere al clima impazzito che l’ha messo a dura prova, già l’anno scorso, con l’estate più torrida da un secolo a questa parte.
Sempre in provincia di Sondrio, ma un po’ più in basso a Ponte in Valtellina, resiste da 600 anni anche un bellissimo gelso bianco, “il Murunèe” che sembra una scultura di arte moderna. Ma il miracolo della natura sa stupire anche a due passi dalla città, nel Parco della Villa Reale a Monza è impossibile non notare la quercia farnia e la quercia scarlatta, ognuna con un tronco di 6 metri di diametro e uno sviluppo in altezza di 26 metri. Le regine del parco furono un regalo arrivato dal Nord America all’allora vicerè d’Italia Eugenio Beauharnais che governava per conto di Napoleone. A Casargo sulle pendici del Pizzo d’Alben c’è il faggio del Piancone, con oltre tre secoli sulle spalle e un tronco della circonferenza di quasi 10 metri e una chioma di 30, talmente imponente da riuscire a riparare oltre mille pecore sotto i suoi rami come narra un’antica leggenda. A Varese basta chiedere del cedro del Libano per vedersi indicare i giardini Estensi di Villa Mirabello dove svetta con i suoi 30 metri di altezza.
Sono cinque le specie più diffuse in regione: il platano comune (Platanus acerifolia) con 46 esemplari, i 30 cedri dell’Himalaya (Cedrus deodara), il cedro del Libano (Cedrus libani) con 26, il bagolaro (Celtis australis) con 20 e i 18 cedri dell’Atlante (Cedrus atlantica). Nel censimento per province, Bergamo ne ha 34, Brescia 46, Como 30, Cremona 8, Lecco 5, Lodi 13, Mantova 8, Milano 62, Monza e Brianza 9, Pavia 9, Sondrio 22, Varese 56. Tre sono i Comuni con più alberi monumentali: Varese 28, Milano 17, Como 17.
Per entrare in questo club ristretto un albero deve soddisfare criteri diversi: può essere antichissimo o di dimensioni enormi, rappresentare autorevolmente una specie botanica rara, si tratta di alberi messi a dimora nell’800, quando imperava l’amore per le culture esotiche.
Ancora possono essere esemplari di importanza antropologica, storici testimoni di eventi unici. Come quella che custodisce l’abete bianco della Valsecca in alta Val Brembana, che con i suoi 50 metri è tra i più alti in Italia.
Si racconta che nei primi del ‘900 un pastorello vi incise il suo nome con un falcetto, poi cresciuto partì per la Prima guerra mondiale e morì al fronte. Anni dopo il padre, quando seppe che il bosco doveva essere tagliato comprò il grande albero che riportava inciso il nome del figlio, salvando la sua memoria e insieme il gigante della natura. Oggi la tutela degli alberi monumentali è un compito che lo Stato ha delegato alle regioni e la Lombardia ha incaricato Ersaf di garantirne cura e manutenzione. Nell’ultimo biennio Ersaf ha rilevato le condizioni statiche e fitosanitarie di 73 alberi, procedendo a interventi su una decina di essi. Nell’aprile scorso è stato deliberato un contributo straordinario di 165mila euro destinato alla cura e la catalogazione di questi giganti.