REDAZIONE CRONACA

La vita ai raggi X per un contratto: ecco come funziona il Grande Fratello del lavoro

Si chiamano indagini preassunzionali: le usa il 60% delle imprese di AGNESE PINI

Diversi lavoratori assunti da aziende in attività nei padiglioni furono licenziati. I sindacati denunciarono: «Controlli anomali sul loro passato»

Milano, 27 febbraio 2016 - «Allora, grazie, le faremo sapere». Il candidato esce dall’ufficio e il pensiero corre a ritroso per scandagliare ogni istante: mi sono presentato bene? Ero vestito bene? Ho parlato bene? In circolazione ci sono ormai manuali interi su «come superare un colloquio di lavoro»: si prende in esame ogni dettaglio, dalla postura al savoir-faire. Ciò che si dice meno – e che talvolta si ignora del tutto – è che la prima impressione è quella che conta, ma nessun ufficio del personale la prenderà per buona. Tecnicamente si chiamano procedure di compliance check, ovvero indagini preassunzionali. Significa che il vostro curriculum verrà scandagliato, verificato, confrontato. Non solo il curriculum: se necessario, la vostra stessa vita. E se avete ceduto alla tentazione di limare qualche intoppo di percorso, di nascondere scheletri nell’armadio, di tralasciare le pur piccole ombre di fulgide carriere, correte il rischio di essere smascherati. È un Grande Fratello. Ma per le aziende si tratta solo di «difesa preventiva irrinunciabile» per assegnare alcune posizioni. In genere quelle in cui anche la busta paga inizia ad acquistare un peso specifico non irrilevante. In genere.

Giulia ce l’ha fatta, o quasi. Giulia non è il suo vero nome, e il motivo per cui ci chiede di restare anonima sarà chiaro qualche riga più sotto. Ce l’ha quasi fatta, sì: ha superato (brillantemente) due test attitudinali e ben otto colloqui con altrettanti responsabili di area, in italiano e in inglese. A 29 anni il suo profilo professionale e formativo è, come si dice, «altamente qualificato»: laurea in Economia a Milano, master a Londra, stage in azienda della City, perfezionamento di nuovo a Milano, dove non ancora 26enne si fa assumere in una grossa società assicurativa. Tre anni dopo vuole cambiare: punta a migliorare la sua posizione, manda il curriculum all’ufficio del personale di una multinazionale statunitense: «Il top, nel mio settore». La chiamano: due test, otto colloqui. «Uno stress mentale micidiale». Poi la telefonata, inattesa: «Era un’agenzia di recruiting, per conto della multinazionale. Mi hanno detto che avrebbero dovuto fare degli accertamenti sui miei dati personali». Giulia cade dalle nuvole. In breve tempo deve consegnare: il contratto di lavoro con l’azienda in cui è impiegata, il suo Cud, il casellario giudiziale. L’agenzia di recruiting l’avverte che contatterà l’ufficio del personale dei suoi attuali datori di lavoro e la sua università. «Non ho niente da nascondere, io. Però è stato uno choc. E non so ancora quali saranno gli esiti di tutto questo. Ho saputo di persone nelle mie condizioni, sottoposte allo stesso trattamento, che alla fine non hanno firmato il contratto». Le facciamo l’in bocca al lupo, mentre lei vive l’angoscia di giornate certo non semplici da affrontare, con la consapevolezza che quella che è stata la sua vita professionale (ma inevitabilmente anche privata) negli ultimi dieci anni sarà passata al setaccio in ogni pur minima piega.

Una procedura così severa può lasciare di stucco, eppure le indagini preassunzionali non sono affatto un’anomalia. «Il pre-check? È prassi: serve per capire chi abbiamo davvero davanti, serve per valutare meglio». All’ufficio del personale della grande azienda informatica nel capoluogo lombardo, quando chiedi delle indagini preassunzionali (sempre attraverso canali ufficiosi, dal momento che nessuno se la sente di rilasciare interviste), non si scompongono. «Il candidato deve raggiungere degli obiettivi, rispettare dei requisiti: quei requisiti vanno verificati. Noi seguiamo degli step standard, che prevedono anche un controllo digitale». Ovvero: «Abbiamo l’obbligo di verificare non solo i profili social del candidato, da Facebook a Twitter a LinkedIn, ma anche tutte le prime venti pagine di Google in cui compare il suo nome». E venti pagine sono davvero tantissime.

Alle indagini preassunzionali ricorre ormai il 60% delle aziende, che nel 37% dei casi (come è successo a Giulia) affida il servizio di accertamento in outsourcing, ovvero ad agenzie esterne (dati Oni/Axerta). Secondo una moda importata dagli Usa (tanto per cambiare) talvolta queste agenzie sono vere e proprie società di investigazione privata: nella milanese Axerta (tra le più grandi e strutturate in Italia), una consulenza di questo tipo può arrivare a costare fino a 3mila euro. «Le indagini si concentrano in genere su tre aree», spiegano dall’agenzia. In sintesi: analisi del profilo personale del candidato (situazione patrimoniale e familiare), istruzione (verifica del curriculum), pregresse esperienze lavorative (accertamenti sul reale ruolo ricoperto all’interno delle aziende citate).

Le indagini preassunzionali sono diventate anche casi di cronaca. Come è successo nel maggio scorso, quando alcune centinaia di lavoratori in forza nei padiglioni di Expo si sono visti sospendere il pass personale. E hanno di fatto perso il posto. Ufficialmente: «Problemi di sicurezza». In realtà, secondo quanto denunciarono i sindacati, «hostess, baristi, magazzinieri furono lasciati a casa sulla base di informazioni della polizia: segnalazioni o denunce mai andate a processo». Alcuni dei malcapitati si sono rivolti al tribunale: «Ne seguiamo sei – spiega Marco Locati dell’ufficio Vertenze della Cgil –. Tutti assunti da imprese di somministrazione che lavoravano dentro Expo. Tutti lasciati a casa dall’oggi al domani». Perché? «E chi lo sa. Expo non dà spiegazioni. Di fatto i nomi di questi ragazzi si trovavano registrati nelle carte della questura, magari solo per aver partecipato ad occupazioni scolastiche o a cortei studenteschi». Procedure ai limiti della legge? «Dal punto di vista dei dipendenti sì. Lasciar correre certe prassi significa solo una cosa: mettere in discussione la dignità e la libertà dei lavoratori». (3 - fine)