La rete del Qatar Via libera dei giudici "La moglie di Panzeri va estradata in Belgio"

La donna coinvolta nel giro di regali per favorire Doha a Bruxelles. Incastrata dalle intercettazioni, è ai domiciliari ma rischia il carcere. La difesa valuta il ricorso. Oggi il verdetto sul trasferimento della figlia

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di Beatrice Raspa

Cinque ore di camera di consiglio. E poi, dalla prima sezione penale della Corte d’appello di Brescia, alle 19,30, il semaforo verde: nulla osta al trasferimento in Belgio di Maria Dolores Colleoni, la moglie dell’ex eurodeputato Pier Antonio Panzeri, coinvolta con marito e figlia nello scandalo Qatargate che, se condannata, sconterà comunque la pena in Italia. La difesa della donna ora avrà cinque giorni per giocarsi la carta della Cassazione ed evitare che il provvedimento diventi esecutivo, ossia sfoci in una traduzione in carcere.

Casalinga in pensione, la 67enne è ai domiciliari dal 9 dicembre, quando è stata arrestata nella casa di Calusco d’Adda, nella Bergamasca, con l’avvocato Silvia Panzeri – la figlia – per un mandato di arresto europeo. I magistrati belgi muovono alle due donne le medesime accuse che hanno fatto finire in cella a Bruxelles Panzeri: associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e al riciclaggio. Per l’accusa Colleoni e Panzeri junior sarebbero "pienamente consapevoli" dei presunti magheggi e scambi di doni al centro dell’inchiesta, e le autorità del Belgio, nella persona del magistrato istruttore Michel Claise, ne reclamano la consegna. La decisione era di competenza dei giudici bresciani, i quali oggi saranno chiamati a pronunciarsi anche sulla figlia. Ieri, si diceva, è toccato alla madre comparire in Corte d’appello, davanti al presidente Anna Maria Dalla Libera e ai colleghi Francesco Nappo e Roberto Gurini. Arrivata su un’auto dai vetri oscurati, Colleoni è entrata in aula scortata dalla penitenziaria, protetta dai flash con una sciarpa sul volto. Il servizio d’ordine ha fatto il resto, tenendo lontani i giornalisti durante un’udienza a porte chiuse durata poco più di quaranta minuti. Assistita dagli avvocati Angelo De Riso, del Foro di Milano, e Nicola Colli, di Bergamo, la signora ha affidato a dichiarazioni spontanee la propria presa di distanza dalle accuse, entrando nel merito delle intercettazioni in cui si farebbe riferimento agli ‘intrallazzi’.

I legali, che avevano anche consegnato alla Corte una memoria scritta, speravano in un rinvio "in considerazione della complessità del caso". "Una consegna si tradurrebbe in un passaggio dai domiciliari al carcere, misura immotivatamente più afflittiva – avevano dichiarato i difensori nelle ore precedenti alla decisione –. Una violazione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo". I giudici avevano riconvocato le parti intorno alle 16,30. Ma il verdetto è arrivato tre ore dopo. In capo alla sezione bresciana c’era non solo la valutazione dei presunti gravi indizi di colpevolezza.

La Corte doveva verificare pure la sussistente reciprocità dei reati nei codici penali negli ordinamenti dei Paesi coinvolti – Belgio e Italia – e l’assenza di ragioni ostative al trasferimento all’estero. Stando all’accusa Colleoni e la figlia almeno in un’occasione avrebbero partecipato al trasporto di ‘regali’ e ‘doni’ consegnati da Abderrahim Atmoun, ambasciatore del Marocco in Polonia. Colleoni per gli investigatori avrebbe preso parte attiva esercitando un certo "controllo" sulle azioni del marito, dipinto quale "collettore" delle tangenti versate da Qatar e Marocco per corrompere "un gruppo indeterminato e molto ampio di persone all’interno delle strutture europee, con o senza legami con l’Ue". Di più: per la magistratura belga l’ex eurodeputato sarebbe l’anima dell’organizzazione fraudolenta".

E la moglie ne avrebbe ricavato benefici, tanto che, intercettata, riferendosi alle vacanze di Natale si sarebbe lasciata sfuggire di "non potersi più permettere di spendere centomila euro come lo scorso anno". Nell’appartamento della famiglia Panzeri gli inquirenti hanno sequestrato 17mila euro in contanti e orologi di valore.