Aperture impianti di sci, i dubbi della Lombardia: "Costi troppo alti con queste misure"

Zona arancione, la limitazione delle presenze al 50% della capienza non permetterebbe di coprire le spese di gestione

Le piste da sci di Livigno

Le piste da sci di Livigno

Milano, 21 novembre 2020 - Se non diventa zona gialla… difficilmente gli impianti sciistici lombardi potranno aprire i battenti. E’ una questione di costi. La bozza del documento “Proposta di linee guida per l’utilizzo degli impianti di risalita nelle stazioni e nei comprensori sciistici da parte degli sciatori amatoriali”, in discussione alla conferenza delle Regioni di lunedì prossimo prima di poterla poi presentare per il parere vincolante e la successiva approvazione a Governo e Comitato tecnico scientifico, non convince o, meglio, sarebbe economicamente inattuabile nelle zone arancioni.

700 chilometri di piste

Vediamo il perché. Se una Regione è zona rossa il problema non si pone perché gli impianti non possono aprire. La bozza prevedrebbe invece l’apertura al 50% della capienza nelle zone arancioni e un certo via libera, con mascherine e protezioni ovviamente, nelle zone gialle. In Lombardia ci sono circa 700 chilometri di piste da sci alpino. Il più grande comprensorio è quello di Livigno, in provincia di Sondrio, con le sue 115 chilometri di piste e i 32 impianti di risalita. Cento i chilometri del comprensorio Pontedilegno-Tonale (Bs) con 28 impianti. Poi c’è Bormio (So) con 50 km e 11 impianti, Aprica (So) con 50 km e 11 impianti, Madesimo/Campodolcino (So) con 37 km e 12 impianti. Poi Piani di Bobbio (Bg), Montecampione (Bs), Passo Maniva (Bs), Valmalenco – Alpe Palù (So), Foppolo (Bg) e Santa Caterina Valfurva (So). E via via tutti gli altri. E via via tutti gli altri per una trentina di comprensori totali.

Costi non sostenibili

La Lombardia, fulcro del movimento sciistico nazionale insieme al Trentino Alto Adige, stando alle ultime notizie potrebbe diventare zona arancione a partire da venerdì 27. Ma tra zona rossa e quella arancione l’unica differenza di rilievo è che i cittadini potranno circolare liberamente… nel comune di residenza. Un po’ poco perché per imbiancare le piste serve la produzione di neve artificiale che costa centinaia di migliaia di euro, per far funzionare gli impianti i costi sono altissimi (personale, energia) e perché le nuove norme imporrebbero una capacità sciistica pari al 50% delle potenzialità del comprensorio. Ma il problema principale è che, in una ipotetica zona arancione, potrebbero sciare sulle piste di una determinata località solo i residenti. Troppo pochi. La giornaliera va dai 30 euro ai 50 euro, a seconda della località, e capite bene che con un numero esiguo di sciatori sulle piste i guadagni diventano… perdite. Ingenti.

Il gestore: "Pochi margini per aprire"

“Quella che circola è una bozza – precisa Franco Vismara, amministratore delegato di Fab (Funivie al Bernina in Valmalenco) - ma se dovesse essere confermata ci sarebbero veramente pochi margini per un’apertura degli impianti in una zona arancione. In Valmalenco, per esempio, per chi apro le piste ? Per i soli residenti di Chiesa in Valmalenco ? Non sta in piedi. Lideale è che si riuscisse ad aprire per tutti i lombardi, almeno. In linea di principio, a queste condizioni, non si potrebbero aprire gli impianti, spero che nella bozza ci siano delle integrazioni così da permettere il via della stagione. I costi sono altissimi. Ogni anno per produrre la neve artificiale in Valmalenco spendiamo 500.000 Euro, tra energia elettrica e personale. Faccio un appello anche ai privati. oggi i costi “della neve”sono a carico dei proprietari degli impianti, totalmente. Invito i privati a pensare di contribuire alle spese perché senza neve… non lavorerebbero nemmeno loro. Da qualche anno Regione Lombardia ci alcuni aiuti, meglio che niente, ringrazio perché almeno c’è interesse ma a mio avviso anche i privati del luogo dovrebbero pensare di intervenire”.