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"Guardia medica a pagamento? Funziona perché lo Stato latita"

Foresti, ad del Santagostino: bisogni non presidiati dal servizio nazionale, ora centri in tutta Italia "Cure domiciliari agli over 65, impossibile raggiungere gli obiettivi del Pnrr: mancano infermieri".

"Guardia medica a pagamento? Funziona perché lo Stato latita"

Sono partiti 14 anni fa con una formula privata-privata (cioè senza mai lavorare per la sanità pubblica) che propone a tariffe accessibili, vicine al ticket, prestazioni specialistiche in aree "poco presidiate dal servizio sanitario nazionale". Luca Foresti, classe 1973, da 13 anni guida il Santagostino, acquisito a fine 2022 dal gruppo assicurativo UnipolSai lasciando al suo posto il management di questa rete di 35 poliambulatori: 33 in Lombardia, uno a Bologna, uno a Roma. "E tra pochi anni saremo in tutta Italia".

Da quando proponete la "guardia medica" a pagamento?

"Da un anno circa. La differenza, rispetto alle nostre altre attività, è che si può accedere anche direttamente, oltre che su prenotazione. Il servizio è attivo in tutti i nostri centri, per tutto l’orario o su fasce, garantendo tempi di risposta pressoché immediati. È una parte minimale della nostra erogazione ma è un servizio in crescita: il bisogno c’è. Non è un pronto soccorso; ci occupiamo di casi che al triage sarebbero al massimo codici verdi o bianchi".

Quelli che intasano impropriamente i pronto soccorso?

"E col Covid erano spariti: significa che il fenomeno è legato a una mancanza di capacità produttiva su altri percorsi, ad esempio all’esigenza di ottenere velocemente visite ed esami che sarebbero erogati in tempi troppo lunghi. Questo Paese ha un servizio sanitario nazionale con compiti precisi, ma ci sono bisogni non coperti. Noi ragioniamo su quello che manca, e diamo risposte".

Di che bisogni parliamo?

"Nel Nord il servizio pubblico copre benissimo i bisogni ospedalieri “pesanti”, con i medici migliori al mondo. Scendendo però di complessità la produzione è insufficiente: sulla chirurgia minore, sulla lungodegenza e i bisogni non sanitari degli anziani e, ad eccezione di tre Regioni - Emilia-Romagna, in parte Veneto e Toscana -, sul territorio. Penso a medici e pediatri di base, un’ottima idea per un servizio universalistico ma andrebbe preservata, invece l’età media è 59 anni e nei prossimi sei dimezzeranno; alla specialistica ambulatoriale – erogata soprattutto in ospedale, una follia – e alle cure domiciliari".

Il Pnrr stabilisce di prendere in carico domiciliare il 10% degli over 65 al 2026.

"Il che è semplicemente impossibile: servirebbero 70 mila infermieri, in Italia se ne laureano diecimila all’anno e novemila vanno in pensione; i candidati ai corsi di laurea sono in costante diminuzione. Il nostro rapporto tra medici e infermieri è uno a uno, mentre Francia, Germania, Usa sono sui tre per ogni medico; del resto il nostro è un sistema medicocentrico".

Il vostro ingresso in Unipol è segno della possibilità di un ritorno al sistema delle mutue che vigeva prima del servizio sanitario nazionale?

"No. È indicatore di una cosa sola: UnipolSai è uno dei pochi soggetti in Italia in grado di sostenere gli investimenti che ci servono per diventare il principale operatore della sanità privata e arrivare in tutto il Paese. L’85% delle nostre entrate viene dalla spesa out of pocket (quella diretta dei pazienti, ndr), solo il 15% dalle assicurazioni. Di quel 25% della sanità che oggi in Italia viene erogato dal privato-privato, il 90% è out of pocket, perché benché venti milioni d’italiani abbiano una qualche copertura sono in gran parte assicurazioni collettive, e come risorse la sanità integrativa è bassa. Se parliamo invece di come potrebbero cambiare gli equilibri, è questione di volontà politica".

In che senso?

"Il nostro servizio sanitario è tra i migliori al mondo anche perché tenta di coprire tutti senza differenze, ma è stato concepito negli anni ’70 del Novecento: sono cambiate le tecnologie e la demografia, dei pazienti e dei medici. Ciò impone un ripensamento. La spesa sanitaria pubblica è sotto il 7% del Pil ed è destinata a scendere al 6,2% in un paio d’anni, mentre Francia e Germania sono sopra il 9%: se la politica intende aumentare il finanziamento del servizio sanitario non ci sarà spazio per le assicurazioni; altrimenti dovrà scegliere quali attività erogare, probabilmente le più urgenti e complesse, ma nessun politico ha il coraggio di dirlo. Intanto però è già in atto uno “sconvenzionamento” implicito: se le attese sono troppo lunghe, le persone pagano di tasca propria".

Giulia Bonezzi