Giuseppe Grassonelli, la famiglia sterminata dai Corleonesi e la vendetta: vita da film del boss letterato

Originario di Porto Empedocle, da giovane scampò all’agguato in cui rimasero uccisi il nonno e lo zio: in carcere si è laureato e ha scritto un libro sulla sua vicenda

Giuseppe Grassonelli nella foto sulla copertina dell'edizione francese di Malerba

Giuseppe Grassonelli nella foto sulla copertina dell'edizione francese di Malerba

Milano – Una carriera criminale iniziata da giovanissimo quella di Giuseppe Grassonelli  con piccoli furti e reati minori nella natìa Porto Empedocle che convincono la famiglia a mandarlo, ancora ragazzino, da alcuni parenti in Germania. 

La furia del Corleonesi

L'evento di sangue che segna per sempre il suo destino arriva il 21 settembre del 1986 nel pieno della scalata Corleonese al potere. Giuseppe, che ha da poco finito il militare, è seduto con il nonno e gli zii fuori dal bar Albanese di Porto Empedocle, si alza e si allontana con una ragazza. In quel momento un commando dei Corleonesi arriva apre il fuoco contro le persone sedute fuori dal locale. Restano sull'asfalto, colpite a morte, tre persone, tra le quali il nonno di Giuseppe e un suo zio

Il giovane Giuseppe viene inseguito dai sicari ma riesce a sfuggire al loro fuoco, rifugiandosi dietro un'auto. Riesce però a riconoscere la voce di uno dei killer. 

Famiglia decimata

Qualche mese dopo muore, sempre colpito dai Corleonesi, un altro suo zio che lascerà orfani quattro bambini. Tutti i membri maschili dei Grassonelli vengono poi arrestati, l'unico che rimane in libertà è Giuseppe che, per evitare di essere colpito anche lui, scappa di nuovo in Germania. Dove però dovrà salvarsi da 4 a agguati contro di lui

La stidda e la vendetta

Dalla Germania medita e poi organizza il suo ritorno in Sicilia per vendicarsi. Rientrato nell'isola diventa capo di un clan della stidda, che raccoglie i mafiosi fuoriusciti da Cosa Nostra, e miete vittime, non solo per vendicare i parenti uccisi. Viene arrestato nel novembre del 1992. "Se non mi avessero arrestato, avrei continuato a uccidere: la rabbia verso chi mi ha privato di persone che amavo mi facevano sentire nel giusto", dice nella sua autobiografia, firmata insieme al giornalista Carmelo Sardo.

Il libro e il film

Il libro, uscito nel 2016 per Mondadori e da cui è stato tratto anche un docufilm, si intitola "Malerba” riprendendo il suo soprannome nell'ambiente mafioso, che indicava il carattere irruente e la “predestinazione" al crimine.

Ergastolo ostativo

Dopo l'arresto Grassonelli non ha mai collaborato con la giustizia ed è stato condannato all'ergastolo ostativo, cioè la reclusione a vita senza la possibilità di ottenere benefici. Misura, quest'ultima, che è stata sospesa con dal Giudice di Sorveglianza con la concessione del permesso premio di questi giorni.

Il 41 bis e il pentimento

In carcere, nel quale è rimasto detenuto in regime di 41 bis per 31 anni, l'ex boss della stidda ha intrapreso un percorso di ravvedimento e pentimento. Ha iniziato a studiare e si è anche laureato in Lettere.  "Il dovere di un uomo civile è quello di rivolgersi alle Istituzioni: a nessuno deve essere consentito di farsi giustizia da sé. Ma negli anni ’80 non era così semplice”, ha scritto l'ex boss nel libro.