Garlasco: martellate a Chiara, delitto d’impeto:"Mosaico di indizi inchioda Stasi"

La Cassazione: colpevole senza dubbi. "Ha raccontato falsità"

Chiara Poggi (Sacchiero)

Chiara Poggi (Sacchiero)

Garlasco, 22 giugno 2016 -«Ciascun indizio risulta integrarsi perfettamente con gli altri come tessere di un mosaico che hanno contribuito a creare un quadro d’insieme convergente verso la colpevolezza di Alberto Stasi, oltre ogni ragionevole dubbio». Parole inequivocabili a conclusione delle 115 pagine redatte dal giudice estensore Rosa Pezzullo. Sono le motivazioni della sentenza con cui, lo scorso 12 dicembre, la quinta sezione penale della Cassazione ha confermato la condanna a 16 anni per Alberto Stasi, ora in cella a Bollate. Stasi è colpevole dell’omicidio della fidanzata Chiara Poggi, uccisa nella sua villetta di Garlasco la mattina del 13 agosto 2007. Un quadro di indizi «con motivazione immune da vizi, convergenti verso la responsabilità dell’imputato». Vi si è giunti nonostante un percorso accidentato di indagini. «La scelta ‘anomala’ di non sequestrare nell’immediatezza la bicicletta nera da donna della famiglia Stasi o quantomeno di fotografarla, e di sequestrare invece, a distanza, peraltro, di una settimana dai fatti, due biciclette – di cui una almeno diversa da quella descritta dalle due testimoni (due vicine della famiglia Poggi - ndr), e sulla quale si sono, poi, incentrati tutti gli accertamenti compiuti nel corso dei giudizi sino a quello di rinvio – è stata correttamente individuata come un evento, che ha avuto indubbie ripercussioni negative sull’andamento delle indagini, senz’altro non limpido, caratterizzato anche da errori e superficialità. La mancata acquisizione di ‘tutte’ le biciclette nella disponibiità della famiglia Stasi a distanza di poche ore dai fatti può senz’altro dirsi un anello mancante nell’attività di indagine».

Ecco cosa accusa il 33enne Stasi. Chiara, in pigiama, è stata uccisa «da una persona conosciuta, arrivata da sola in bicicletta, che essa stessa ha fatto entrare. Chi ha fatto ingresso nell’abitazione la conosceva bene come desumibile anche dal percorso effettuato all’interno delle stanze al piano terra». L’alibi di Alberto non lo colloca fuori dalla ‘finestra’ temporale dell’omicidio. Per il ritrovamento del corpo della fidanzata, «ha reso un racconto incongruo, illogico e falso, sostenendo di aver attraversato di corsa i diversi locali della villetta per cercare Chiara; sulle sue scarpe tuttavia non è stata rivenuta traccia di residui ematici, né le macchie di sangue sul pavimento sono risultate modificate dal suo passaggio». Stasi «non ha mai menzionato», fra le biciclette in uso alla famiglia, quella nera da donna. Sull’erogatore del sapone liquido, nel bagno di casa Poggi, sono state trovate solo le impronte del suo anulare destro «che lo individuano come l’ultimo soggetto a maneggiare quel dispenser». L’assassino portava scarpe numero 42 e Stasi calzava «anche» quel numero. «La mancata individuazione di uno specifico movente» non incide sul quadro indiziario.

Esclusa la crudeltà. Un omicidio d’impeto, «senza alcuna programmazione preventiva», consumato con «un rapido susseguirsi di colpi di martello al capo della vittima sferrati all’ingresso dell’abitazione, con rabbia ed emotività», «come risposta immediata o quasi immediata ad uno stimolo esterno». «Le motivazioni chiudono un capitolo lungo otto anni – è il commento di Rita Poggi, mamma di Chiara –. Anche per come sono scritte mi pare non rimanga più nulla da fare».