Tragedia della funivia: zero manutenzione e formazione. Mottarone, un disastro annunciato

Duro atto d’accusa dei periti del ministero: superficialità e fretta, personale scarso

Nell'incidente morirono 14 persone

Da sinistra la testa fusa della fune traente superiore e la zona di rottura con i trefoli aperti a pennello.

Verbania, 27 maggio 2022 -  Il personale , da quando la società Ferrovie del Mottarone nel 2018 ha adottato l’esercizio senza agenti di vettura, era "insufficiente per svolgere le visite e i controlli previsti" e la formazione professionale era "lacunosa", basata sul "saper fare acquisito con poche giornate di apprendistato". Un approccio al lavoro "approssimativo" segnato da "superficialità e fretta", con condizioni peggiorate durante lo stop dovuto alla pandemia, unito a carenze nella manutenzione e nei controlli. Fattori "umani" e strutturali alla base della rottura della fune traente della funivia del Mottarone, all’origine dell’incidente che a mezzogiorno del 23 maggio 2021 ha provocato la morte di 14 passeggeri a bordo e il ferimento del piccolo Eitan, unico sopravvissuto. La fune d’acciaio si sarebbe spezzata per "progressivo invecchiamento dovuto a fenomeni di corrosione, fatica e dissesti o torsione non adeguatamente monitorati".

La relazione intermedia scritta dagli ispettori Roberto Maja e Sergio Simeone dalla Direzione generale per le investigazioni ferroviarie e marittime (Digifema), che hanno condotto rilievi paralleli alle indagini della Procura di Verbania e alla superperizia disposta dal gip, è un duro atto d’accusa sulla sicurezza dell’impianto. Gli investigatori della Digifema confermano che "l’inibizione del freno di emergenza sulla portante", attraverso l’inserimento dei “forchettoni“, "ha reso disastrose le conseguenze della rottura della fune traente". Una decisione sconsiderata, presa dall’allora capo servizio Gabriele Tadini, fra i 14 indagati, che sarebbe preceduta da anni di controlli carenti. L’organismo ministeriale ha messo sotto la lente una mole di documenti della società Ferrovie del Mottarone dell’imprenditore Luigi Nerini (anche lui indagato), del costruttore della fune Taulfelberger-Radaelli, del colosso Leitner al quale dal 2016 era stata affidata la manutenzione con un contratto di 13 anni e dalla società Scf Monterosa alla quale erano stati appaltati alcuni servizi. Fra le possibili "cause dirette" della rottura della fune, oltre al "progressivo invecchiamento dovuto a fenomeni di corrosione", la Digifema individua anche "l’aumento di tensione della fune traente provocato dall’inerzia delle massa del contrappeso appoggiato sul tampone inferiore per l’allungamento della stessa fune senza intervento del dispositivo di finecorsa di arresto urgente" perché "reso inefficace dalla manomissione, o errato montaggio, dei dispositivi stessi".

Inoltre, fra i possibili fattori, il "danneggiamento della fune traente per folgorazioni e correnti catodiche". Le "cause indirette" sono invece "l’inadeguata formazione e consapevolezza dei ruoli svolti dal personale" e "l’esternalizzazione di alcune importanti funzioni". Infine c’è la "causa a monte", cioè "l’assenza di un sistema di Gestione della sicurezza con individuazione di ruoli e responsabilità nell’organizzazione". Un caos rispecchiato anche dai registri esaminati dagli investigatori, pieni di “buchi“ e pagine bianche. Nel "registro giornale delle prove periodiche" dal 7 ottobre 2020 al 25 maggio 2021, giorno del disastro, "non è stata rinvenuta evidenza della effettuazione del controllo (l’ispezione trimestrale della fune traente in corrispondenza della testa fusa, ndr) né del controllo mensile a vista della zona di attacco delle funi traenti al carrello previste nel regolamento di esercizio dell’impianto".

Fra i documenti acquisiti c’erano solo due verbali del 2020 di "prove di finto taglio", una procedura tecnica prevista per gli impianti, ma "nessuno dei due documenti reca l’indicazione circa l’effettuazione del controllo visivo della testa fusa". Il documento non indica ancora responsabilità precise, ma lascia poco spazio alla tesi della fatalità. E gli elementi, messi in fila, hanno portato la Digifema a diffondere "raccomandazioni" a tutte le aziende che si occupano di funivie, per evitare altre tragedie.