Foreign fighter, il primo pentito chiede lo sconto

Richiesta di giudizio in abbreviato per il bresciano Bougana, ha collaborato con la giustizia. Il suo avvocato: non c’è prova che abbia combattuto

Il rientro Samir Bougan

Il rientro Samir Bougan

Milano, 22 gennaio 2020 - «Sono nato in provincia di Brescia, sono stato un terrorista". L’intervista che Samir Bougana rilasciò a “Porta a Porta” è diventata un atto d’accusa nei suoi confronti, tra gli altri elementi raccolti dagli inquirenti bresciani che hanno chiuso le indagini preliminari, in vista della richiesta di processo. Il 25enne italo-marocchino, detenuto nel carcere di Sassari, è stato "il primo foreign fighter italiano che dopo aver combattuto voleva tornare in Italia", aveva spiegato il procuratore di Brescia Carlo Nocerino al termine della delicata operazione della Digos condotta in collaborazione con l’Fbi che nel giugno scorso aveva consentito di portare in Italia l’uomo catturato in Siria dopo la sconfitta dell’Isis. Sarà anche il primo foreign fighter tornato in Italia dopo aver combattuto in Siria a finire davanti a un giudice nel nostro Paese. Le milizie curde lo avevano preso mentre cercava di varcare i confini con la Turchia e raggiungere il consolato italiano a istanbul.

Uno sforzo dell’intelligence per assicurarlo alla giustizia del nostro Paese motivato anche dal ruolo del 25enne cittadino italiano: ha fatto parte di brigate composte da foreign fighter provenienti da Russia e Paesi europei nelle città siriane di Raqqa e Deir Ezzor, cadute nell’offensiva che ha portato alla fine del sedicente Stato Islamico. Bougana, si legge nell’avviso di chiusura delle indagini preliminari che formalizza le contestazioni della Procura nei suoi confronti, è accusato di partecipazione ad associazioni con finalità di terrorismo "per aver partecipato all’organizzazione denominata Is (Islamic State, ndr ) allo scopo di commettere atti in territorio siriano e in Europa". Secondo la Procura, la "progressiva e radicale" adesione ideologica alla jihad islamica è stata "avviata in Italia e completata in Germania", da dove è partito per raggiungere la Siria unendosi alla brigata legata ad Al Qaeda “Junud al Sham” (Soldati del Levante) composta da foreign fighter occidentali, assumendo il nome di battaglia di Abu Abdullah Al Muhajir e Abu Hureyre Al Muhajir. Dalle indagini è emersa "la sua stabile affiliazione allo Stato Islamico consumata mediante l’assunzione di incarichi di vigilanza armata retribuiti e al servizio di Daesh presso le città di Raqqa e di Deir Ezzor, proclamate rispettivamente capitale e capoluogo roccaforte, nel governatorato omonimo, dello Stato Islamico". Il “soldato dell’Isis” dopo l’arresto è stato interrogato dagli inquirenti, anche con l’obiettivo di ricostruire strategie e tecniche di addestramento, la rete di contatti internazionali e i canali di reclutamento.

Difeso dall’avvocato Alexandro Maria Tirelli, ora punta al processo con rito abbreviato, che comporta lo sconto di un terzo della pena in caso di condanna per partecipazione ad associazioni con finalità di terrorismo. Nato e cresciuto a Gavardo, nel Bresciano, Bougana ha vissuto anche a Piadena, nel Cremonese, e a Canneto sull’Oglio, nel Mantovano. Nel 2012 si è trasferito in Germania, nella cittadina di Bielefeld. E lì la sua vita, già segnata dalla vicinanza a idee radicali, si è incrociata con quella di “cattivi maestri” nelle moschee e sul web, fino a maturare la scelta di lasciare tutto e partire assieme alla moglie, una tedesca di origini turche. Con l’aiuto di contatti in Turchia ha raggiunto la Siria dopo essere arrivato a Istanbul in aereo. Nel Paese insanguinato dalla guerra la coppia ha avuto tre figli. Bougana ha imparato a combattere, a sparare e a maneggiare bombe. Si è fatto strada nella brigata dove, ha raccontato, "i combattenti più duri, senza misericordia, erano quelli che venivano dalla Russia" e "nelle moschee ci dicevano che dovevamo uccidere gli infedeli". Ideali di morte crollati con la caduta dell’Isis. La fuga verso l’Europa, il tentativo di rifugiarsi in Italia, è terminata in una prigione curda e infine nel carcere di Sassari. Bougana è finora l’unico foreign fighter riportato in Italia, e sarà il primo a essere processato nel nostro Paese. "Non è provata - spiega l’avvocato Tirelli - la partecipazione attiva ad alcuna operazione militare al servizio di Daesh".