MARCO GALVANI
Cronaca

Fase 2, gli alberghi lombardi? Resteranno chiusi

Maurizio Naro (Federalberghi): "Con un’occupazione delle camere che al massimo arriverebbe al 10% riaprire sarebbe antieconomico"

Maurizio Naro

Milano, 13 maggio 2020 - Riaprire? "Non ci conviene. Se non si sblocca la libera circolazione delle persone in Italia, ma anche tra uno Stato e l’altro, per noi è inutile riaprire". Maurizio Naro, presidente di FederAlberghi Milano, mette un grande punto interrogativo sul prossimo futuro del settore. A cominciare proprio da Milano, con le sue 33mila camere a disposizione di un turismo business e di piacere, dove "sono praticamente tutti chiusi, soprattutto le strutture medio-grandi". Il motivo è semplice. Basta fare quattro conti elementari: "Con una occupazione delle camere che al massimo arriverebbe al 10%, sarebbe anti-economico". Del resto l’emergenza coronavirus ha chiuso prima le città, poi le regioni e gli Stati. Ormai i viaggi di lavoro non si fanno più, anche se le comprovate ragioni lavorative permetterebbero gli spostamenti. Un danno che in due mesi (marzo e aprile), soltanto nella città di Milano è costato una perdita di fatturato stimata in circa 300 milioni di euro. A cui vanno aggiunti tutti i danni economici sull’indotto. Allargando la prospettiva alle 4mila strutture alberghiere della Lombardia, attorno a cui lavorano 100mila persone, la perdita di ricavi nei due mesi di lockdown arriverebbe a toccare i 3 miliardi, indotto compreso.

E le previsioni per il futuro non sono rosee. "La maggior parte ha già programmato la riapertura a settembre, saltando tutto il periodo estivo – continua Naro – A settembre si spera che la situazione sia migliore e comunque ancora molti eventi e congressi in calendario dopo l’estate non sono stati cancellati. A cominciare dal Gran premio di Formula Uno a Monza, anche se non sappiamo se sarà con il pubblico in circuito". La parola d’ordine, al momento, è incertezza. E preoccupazione. Perché "ormai non abbiamo più benzina, siamo in riserva piena". Gli albergatori hanno dovuto anticipare la cassa integrazione ai dipendenti, hanno pagato bollette e affitti e davanti alla stima che il 16% delle imprese alberghiere non riesca a riaprire, Naro non nasconde un certo pessimismo: "Temo che sia una percentuale al ribasso. Non sono così convinto di rivedere aprire tanti dei 400 alberghi di Milano". Lo stesso succederà nelle zone dei laghi e nelle città d’arte: "Lì soffriranno molto per la mancanza di un turismo straniero. Magari sono luoghi che gli italiani impareranno a riscoprire, ma questo si tradurrà in minori ricavi".

Senza dimenticare, poi, l’aspetto organizzativo. Ieri Maurizio Naro ha partecipato all’ultima riunione del tavolo tecnico in Regione Lombardia per tracciare le linee guida delle ripartenza del settore, ma "adesso dobbiamo attendere le indicazioni dell’Inail. Servono protocolli approvati rapidamente per avere il tempo di riorganizzare le strutture (procedure che avranno dei costi non indifferenti) e dare informazioni precise agli ospiti che decideranno di venire da noi". Naro non teme tanto la perdita di appeal. Il 2019 è stato un anno record per la Lombardia: gli arrivi sono stati 14.271.798 (+5,8% rispetto al 2018), le presenze hanno toccato quota 35.928.599 (+7,5%). Ma la Lombardia è la regione più colpita dall’emergenza Covid: "Mi auguro che non ci sia da ricostruire una reputazione turistica. Piuttosto dobbiamo far capire al mondo che è sicuro continuare a venire in Lombardia e in Italia".