Lombardia, 29 depuratori fuori norma: la Ue fa scattare la procedura d’infrazione

Quindici sono nel Bresciano, la provincia con più irregolarità contestate da Bruxelles

Il depuratore di San Paolo, in provincia di Brescia

Il depuratore di San Paolo, in provincia di Brescia

Milano, 15 marzo 2024 – Non sono stati pienamente rispettati gli obblighi di collettamento e trattamento delle acque reflue: per l’Italia arriva il deferimento alla Corte di giustizia dell’Unione europea da parte della Commissione europea. La procedura d’infrazione è la Infr 2017/2181.

La Commissione aveva già inviato una lettera di costituzione in mora all’Italia nel giugno 2018 e successivamente un parere motivato nel luglio 2019. Nonostante alcuni progressi, molti agglomerati continuano a non rispettare gli obblighi della direttiva. Ora si è arrivati al deferimento alla Corte di giustizia, che potrebbe condannare l’Italia a una sanzione, perché, secondo, la Commissione, gli sforzi profusi finora dalle autorità italiane siano stati insufficienti.

Dall’apertura della procedura tanti interventi, va detto, sono stati fatti, ma ancora per l’Europa non si sta rispettando la direttiva europea che prevede che le acque reflue urbane siano raccolte e trattate prima di essere scaricate nell’ambiente, a tutela di salute e ambiente.

"I reflui non trattati – scrive la Commissione europea – sono un rischio per la salute umana e inquinano laghi, fiumi, suolo, acque costiere e sotterranee. Le informazioni ricevute dall’Italia hanno dimostrato un diffuso fallimento nell’adempiere alla Direttiva in 179 agglomerati italiani".

Secondo la mappatura del sito del Commissario per la depurazione, in questa infrazione ricadono 29 agglomerati lombardi, di cui ben 15 nel Bresciano, 4 nel Pavese, 3 nella provincia di Como e in quella di Varese, 2 nella Bergamasca e nella provincia di Lecco, uno a Cremona, per un totale di carico generato pari a 1.015.135 di abitanti equivalenti. Le problematiche sono diverse. In alcuni casi si tratta di dover adeguare o realizzare le reti di fognatura ed eliminare i terminali non trattati, in altri di realizzare opere per il trattamento di depurazione delle acque reflue; in altri casi manca il collettore.

Il costo dei progetti per adeguare questi sistemi ammonta, in totale, a 170.818.626 euro per la Lombardia. Ma questa non è l’unica infrazione contestata in tema di depurazione. Sono, infatti, quattro le procedure aperte per l’Italia in relazione all’applicazione non corretta della direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane in Italia. Ciascuna riguarda diverse violazioni degli obblighi stabiliti dalla direttiva, per cui non c’è sovrapposizione fra le quattro procedure. La Lombardia è interessata dalla 2017/2181 e dalla 2014/2059, per la quale è già intervenuta una sentenza di condanna: in molti casi sono stati effettuati degli interventi per la messa a norma, ma attualmente sono ancora 28 gli agglomerati lombardi che devono chiudere i progetti per adeguare gli impianti di depurazione.

Ma cosa serve ancora per rispettare completamente le indicazioni delle direttive ed essere a norma? Ai sensi della direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane, gli Stati membri devono disporre di una rete fognaria per tutti gli agglomerati con almeno 2.000 abitanti.

Se la realizzazione di una rete non è sostenibile, perché comporterebbe costi eccessivi, è possibile utilizzare sistemi individuali o altri sistemi appropriati, a condizione che garantiscano lo stesso livello di protezione ambientale. Bisogna, inoltre, garantire che gli scarichi provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane negli agglomerati con almeno 2.000 abitanti siano quantomeno conformi al livello di trattamento secondario (ovvero il trattamento del materiale organico nelle acque reflue urbane) prima di essere rilasciati nuovamente nell’ambiente.