Milano – Cuno Jacob Tarfusser, il sostituto procuratore della Corte d’appello di Milano che, come atto finale della sua carriera, ha fatto riaprire il caso sulla strage di Erba, è andato in pensione. In un post su Facebook ringrazia tutti coloro che nelle più diverse forme e modi, gli hanno espresso vicinanza e sostegno “per il lavoro - scrive - che ho sempre svolto con passione, dedizione e onestà intellettuale nell’interesse superiore della Giustizia”. “Sono ufficialmente in pensione da due giorni, esattamente dall’11, il giorno del mio compleanno. Ho compiuto 70 anni, ma non mi sento affatto vecchio. Sa cosa mi rattrista? Mi amareggia l’idea di essere felice di essere andato in pensione”.
Si vuole togliere qualche sassolino?
“Sono sempre stato un battitore libero, non ho mai chiesto l’appoggio di nessuno e, nonostante tutto, credo di avere fatto una buona carriera, non tutti diventano giudici alla Corte Penale Internazionale, di cui sono stato anche vicepresidente. E non ho mai chiesto l’appoggio delle correnti che reputo uno dei mali più grossi della nos
tra categoria”.Andrebbero depotenziate secondo lei?
“Il potere giudiziario è militarmente in mano a quattro correnti di espressione politica che sono la “metastasi“ della magistratura. Bisognerebbe cambiare i rapporto di forza nel consiglio: attualmente i due terzi sono magistrati, basterebbe che fossero un terzo per potere così introdurre figure manageriali in grado di occuparsi anche di gestione organizzativa”.
Che cosa farà ora da “pensionato“?
“Sicuramente non mi inabisso, mi disintossico qualche mese e poi conto di tornare operativo”.
Ha già qualche idea?
“Continuerò il mio impegno per una giustizia diversa, più giusta e umana, una giustizia più aderente a quella pensata dai nostri padri costituenti e quindi, meno arrogante, meno dominata dal potere giudiziario, meno autoreferenziale”.
Tornando a bomba sulla sua carriera, si è pentito di avere fatto riaprire il “caso di Erba“?
“No, assolutamente, sono ancora convinto che Olindo e Rosa siano innocenti. E sono rimasto sconcertato dalla decisione presa dalla Corte d’Appello che non ha voluto proseguire le indagini e ha confermato l’ergastolo”.
E di essersi messo in politica, candidato alle Europee con Calenda, si è pentito?
“Io non mi pento di niente. Tornassi indietro però direi “sì” solo dettando le condizioni. Chiariamoci, io a tre mesi dalla pensione non avevo nulla da perdere, non avrei mai lasciato la magistratura per la politica, però con il senno di poi, ho detto “sì“ a Calenda un po’ troppo frettolosamente perché poi come politico mi ha molto deluso”.
In che senso?
“Se ti vanti di avere nella tua lista punte di diamante, poi i tuoi candidati li devi coinvolgere per le competenze che hanno altrimenti fai solo il “figo“ con il nome degli altri. Lui ha fatto l’“one man show“ e ha sbagliato tutto”.
Se lo immagina ancora un futuro in politica?
“Solo se parliamo di “alta politica“ in un contesto europeista. Ho trascorso undici anni alla Corte dell’Aia, conosco la diplomazia, parlo perfettamente quattro lingue, ho le carte in regola, ma, per essere chiari, non potrei nemmeno dialogare con una politica che ha come slogan “più Italia e meno Europa“, mi sento fortemente un cittadino europeo”.