Bollette care, infermieri introvabili. Le Rsa al collasso, rischio aumenti per le famiglie

L’incremento delle spese di gestione marcia di pari passo con l’assistenza a pazienti sempre più complessi. Senza un adeguamento delle tariffe e una fiscalità meno gravosa gli aumenti ricadranno sulle famiglie

Bollette in aumento, personale che non si trova, pazienti sempre più complessi che richiederebbero un surplus di risorse economiche e umane. Le Rsa ai raggi X si rivelano in grande affanno, tanto che, ad esempio, nel Bresciano, Federsolidarietà-Confcooperative, Uneba e Upia hanno fatto sistema per chiedere alla Regione che ci sia un piano degli adeguamenti tariffari ed al Governo di non rivedere la fiscalità (in senso peggiorativo) per gli enti no-profit. Ma il caso è solo un esempio del disagio e dei problemi diffusi nel mondo del no-profit, tra le fondazioni, le cooperative sociali e le associazioni che gestiscono le Rsa.

Il primo è il rincaro delle bollette: in base ai consumi del 2021 e agli aumenti del primo semestre 2022, la stima è che ci sia stato un incremento dei costi di energia del 100%, del 125% per il gas e del 50% per i carburanti. Secondo grande vulnus è quello del personale. "Sul fronte degli infermieri – commenta Luca Degani, presidente di Uneba Lombardia – manca il 25%. Considerando un totale di 6mila infermieri per i circa 70mila posti letto lombardi, siamo sul migliaio di persone che mancano, solo nelle Rsa". Le assunzioni aperte dalle strutture ospedaliere (che pure lamentano carenza di personale) hanno contribuito a drenare infermieri dalle Rsa, anche perché i contratti pubblici sono più appetibili; ora, però, iniziano a mancare anche Oss e Asa. "C’è anche la componente del reddito di cittadinanza, come rilevo nei colloqui che faccio personalmente", aggiunge Nicoletta Benedetti, vicepresidente Uneba Brescia nonché direttrice di una fondazione che ha, tra i suoi servizi, anche una Rsa.

Il punto, però, è che gli ospiti presentano sempre maggiori complessità, che richiederebbero un’assistenza specialistica che richiede ben altre risorse rispetto a quelle disponibili. Di fatto, oggi le rette (per i posti convenzionati) sono per il 40% coperte da Regione, mentre il resto è a carico delle famiglie. Per adeguare la spesa almeno agli aumenti legati al caro bollette e all’inflazione, servirebbe un incremento dall’8% al 10%. Senza un intervento strutturato pubblico, le Rsa devono tagliare le spese riducendo gli investimenti, ricorrendo agli ammortizzatori sociali, riorganizzando i servizi e accedendo al credito bancario. L’alternativa è aumentare le quote a carico delle famiglie, strada che la maggior parte degli enti vorrebbe scongiurare.