Farmaci letali a pazienti Covid, Mosca: "Tornerò all'ospedale e all'Università"

Le prime parole del primario del pronto soccorso di Montichiari dopo l'assoluzione: "Accuse frutto di malcontento tra gli ultimi arrivati"

Carlo Mosca dopo l'assoluzione dall'accusa di aver ucciso pazienti Covid

Carlo Mosca dopo l'assoluzione dall'accusa di aver ucciso pazienti Covid

Brescia, 1 luglio 2022 - ''Sono contento, i miei avvocati hanno fatto il meglio la verità è saltata fuori finalmente. E' stato dimostrato che il propofol  è stato iniettato post mortem. Adesso riabbraccerò mia figlia che ho visto 5 volte in un anno e mezzo e rivedrò mio padre''. Così, commosso, il primario reggente del prontosoccorso di Montichiari Carlo Mosca ha commentato la sua assoluzione in Assise dall'accusa di avere soppresso durante la prima ondata pandemica tre pazienti Covid somministrando farmaci letali. ''Sono sempre stato convinto dell'assoluzione, tant'è che avevo chiesto il giudizio immediato. Tornerò al lavoro. Tornerò a lavorare a Montichiari, rivoglio il mio titolo che mi sono guadagnato con le mie forze, senza appoggi politici. E tornerò a insegnare all'università. Questa storia si commenta da sola, il giudice ha capito bene il contesto in cui è nata, perché questi infermieri (la Corte ha chiesto la trasmissione degli atti in procura per calunnia) si sono mossi, gli unici in reparto. Erano gli ultimi due arrivati, spostati da un reparto all'altro. Comprendo le loro delusioni e lamentele ma io dovevo fare il mio lavoro, avevo personale in malattia, e i pazienti vengono prima di tutto. Penso che tutto sia nato come malcontento, e poi i due infermieri si sono fatti prendere la mano per inesperienza. Qundo tornero all'ospedale di Montichiari, dove mi aspettano con gli striscioni, uno non lo rivedrò perché si è trasferito (all'ospedale Civle di Brescia, ndr) , mentre l'altrio indermiere è ancora in servizio ma sarà incompatibile''.

Della sua odissea, a Mosca rimane ''un anno e mezzo di assenza di libertà, in cui ho perso la mia cattedra, il mio ambiente di lavoro. I tempi della giustizia non sono regolari - conclude - non è possibile tenere ai domciliari una persona che ha portato nel periodo Covid 200mila euro in beneficienza al Civile di Brescia, ha creato un reparto, ha vissuto tre mesi lontano dalla famiglia e ha protetto tutti i suoi infemieri'.