L’ultima volta è di due giorni fa a Monza. Un detenuto ha dato fuoco al suo materasso, e per aver respirato troppo fumo un passaggio in ospedale è toccato all’agente che ha spento le fiamme. A Cremona, un mese fa, era andata anche peggio: fuoco in alcune celle con necessaria evacuazione di un’ottantina di detenuti. A Bergamo, la settimana scorsa, altro agente ferito da un ospite del carcere, stavolta con una lametta, mentre due giorni prima un suo collega era stato colpito con un punteruolo nel penitenziario di Busto Arsizio. E poi i suicidi in cella: quattro dall’inizio dell’anno tra Milano, Cremona e Pavia. A San Vittore, a maggio, due ventenni si sono tolti la vita nel giro di sette giorni.
Un disastro spiegabile, le carceri lombarde. Basti partire dal sovraffollamento. In Italia (dati del Ministero) a fine maggio c’erano quasi 55 mila detenuti per meno di 51 mila posti: tasso di affollamento del 108% . In Lombardia, però, la media sale al 130% di posti occupati e con picchi notevoli. A Lodi 172% (75 detenuti per 45 posti), a Canton Mombello di Brescia 170% (316 detenuti per 189 posti regolamentari), 170% anche a Busto Arsizio (401 in 240 posti), appena un po’ meno a Como (160%: 372 detenuti invece dei 240 previsti) e a Monza con il suo 150% (621 ospiti per 411 posti). Di tutti e 18 gli sitituti di pena lombardi, ad ogni modo, non ce n’è uno che non sia sovraffollato almeno un po’, neppure Bollate.
È su una situazione del genere che si è abbattuto il virus, due anni fa. "L’emergenza della pandemia ha gettato un potente faro di luce sulle questioni lasciate in sospeso: il diffuso degrado strutturale e igienico in alcune aree detentive, la debolezza del servizio sanitario e la densità della popolazione detenuta", ha riassunto nella sua relazione finale Francesco Maisto, Garante per le persone private della libertà del Comune di Milano, riconfermato nei giorni scorsi dal sindaco Beppe Sala anche per i prossimi tre anni.
"La maggiore criticità attuale in tutte le nostre carceri - aggiunge Maisto - è rappresentata dalla grave carenza di assistenza psichiatrica. In relazione a ciò abbiamo segnalato all’Assessorato regionale alla Sanità il problema della presenza di tanti casi fragili presso gli Istituti penitenziari". Fra l’altro, degli oltre 500 casi trattati dal Garante milanese in base alle segnalazioni ricevute in questi tre anni, uno su quattro riguardavano proprio problemi di salute tra le sbarre. Se a ciò si aggiunge la presenza, nei penitenziari della Regione, di un certo numero di detenuti non capaci di intendere e di volere destinati alle Rems (le residenze che hanno istituito gli ospedali psichiatrici) che però sono sempre piene, si comprende meglio l’esplosiva realtà delle celle.
Un segnale di speranza - è emerso dal recente convegno milanese sul tema organizzato dall’associazione ItaliaStatodiDiritto - dovrebbe arrivare in tempi brevi dalla conclusione dei lavori delle commissioni insediate dalla ministra della Giustizia Marta Cartabia. "La visione che li caratterizza è ridare una funzione realmente rieducativa alla sanzione penale, il ruolo che gli assegna la Costituzione", osserva l’avvocato Guido Camera, presidente dell’associazione. "Verrà valorizzata la cosiddetta giustizia riparativa, che premia percorsi risocializzanti fondati sulla riparazione dei danni, sia in favore della vittima, sia della comunità. Una visione positiva in cui al centro c’è l’individuo, sia autore del reato, sia vittima, e i loro diritti". E che potrebbe riguardare molti di quei detenuti che, ha ricordato il Garante nazionale Mauro Palma, si trovano in carcere dovendo scontare pene spesso inferiori ai due anni.