GIULIO MOLA
Cronaca

Bestemmie in campo, cartellino rosso e squalifica: ma solo per pochi. Ecco allenatori e giocatori che hanno rischiato di più

Da anni la Figc promette punizioni molto severe (anche attraverso la prova tv), la realtà però è ben diversa. Da Marcello Lippi a Silvio Baldini, da Gigi Buffon a Ivan Provedel, ecco gli “scivoloni” più noti

Un cartellino rosso

Un cartellino rosso

Se solo avessi ascoltato tutte le vostre bestemmie, avreste finito la partita in sei...". Campionato Allievi Elitè 2007, l’arbitro si gira verso un calciatore di una squadra bergamasca e lo guarda in maniera severa. Non vuole infierire contro una formazione che già sta perdendo nettamente, si è tappato le orecchie durante il match, ma l’avviso ai naviganti è chiarissimo. Perché le bestemmie in campo proprio non si possono sopportare. Tanto più che a giocare sono ragazzi poco più che adolescenti. I quali, purtroppo, hanno cattivissimi esempi da imitare, perché il problema è sempre quello: imprecazioni (blasfeme) e pallone vanno troppo spesso a braccetto, soprattutto nel calcio dei grandi.

Eppure il 30 ottobre 2001 l’allora Commissario speciale della FIGC Gianni Petrucci convocò gli arbitri per mettere al bando la blasfemia: "Basta con il gioco duro ed anche con le bestemmie". Gli insulti al divino, fino a quel momento tollerati, dovevano essere puniti con il cartellino rosso e la squalifica. Purtroppo neppure quel deterrente è bastato, in campo ancora oggi si sente di tutto, come accaduto nel campionato Giovanissimi U14 della delegazione di Monza e Brianza. Dopo l’espulsione decisa dal direttore di gara, un calciatore del Roncello FC aveva cominciato a minacciare l’arbitro, utilizzando espressioni blasfeme, e spintonando lo stesso senza provocargli danni fisici. Per questo motivo il giudice sportivo ha deciso di comminare la squalifica di 5 mesi al giocatore (fino al 30 Giugno 2024).

Peggio è quando in copertina per questi atteggiamenti finiscono volti noti: dal ‘sono toscano’ di Marcello Lippi alle 67 volte di un altro allenatore, Silvio Baldini. Parole di troppo di cui tutti faremmo volentieri a meno. L’ex ct campione del mondo del 2006 nell’autunno del 1998 dopo un fuorigioco fischiato alla sua squadra nel finale di Udinese-Juventus, corse fuori dall’area tecnica e imprecò contro l’arbitro. Venne squalificato e pur ammettendo l’errore provò a spiegare: "È vero, ho bestemmiato e non avrei dovuto. Mi dispiace. Ma sono toscano, certe cose mi escono senza intenzione, bestemmio tremila volte al giorno. Sul referto è stata scritta la verità, però la sanzione decisa dal giudice mi sembra eccessiva. Sui campi se ne sentono di tutti i colori ed essere squalificato per una gara importante (contro la Roma, ndr) mi dà fastidio".

Da un toscano ad un... toscano. Una volta Renzo Ulivieri, presidente dell’Associazione allenatori, disse: "Se la bestemmia fosse davvero reato ci darebbero l’ergastolo". Così non è, altrimenti avrebbe rischiato grosso Silvio Baldini il quale nel novembre del 2001 nel match contro la Salernitana si lasciò andare pesantemente contro l’arbitro. Per 67 volte, scrisse nel referto il quarto uomo. "Non mi ricordo se ho bestemmiato – disse a “caldo“ l’allenatore – ma se è successo, è giusto che mi abbiano squalificato". Tempo dopo cambierà versione: "Dissi soltanto zio cane, il quarto uomo ha sentito ed equivocato. Ho la coscienza a posto, lo dissi anche a don Claudio, il padre spirituale del Brescia, una grande persona. Gli assicurai che si trattava di un semplice intercalare".

Venendo ai giorni nostri si ricordano le imprecazioni di Gigi Buffon e non ultime quelle di un altro portiere, Ivan Provedel. Quando giocava nello Spezia, in occasione della sconfitta casalinga 3-4 con la Lazio (la sua attuale squadra) aveva accolto un gol degli ospiti con una fragorosa bestemmia. "Un’espressione blasfema, individuabile senza margini di ragionevole dubbio", disse il procuratore federale. Di fatto, un turno di squalifica. Cominciò una lunga battaglia legale, mancando registrazioni audio della “presunta“ imprecazione lanciata da Provedel. Solo un’attenta lettura del labiale avrebbe potuto chiarire la vicenda, alla fine per una questione di consonanti il giocatore se la cavò.