Le chat dell'orrore: Alessia Pifferi, nei messaggi solo sogni da star. Diana? Non esiste

Nessuna considerazione per la piccola nelle parole della madre a caccia di un’esistenza "di quelle che si vedono in televisione". I pm: "Sempre lucida, la figlia era sentita come un intralcio"

Alessia Pifferi, la madre fermata per omicidio

Alessia Pifferi, la madre fermata per omicidio

Milano - Una «bella vita " immaginata "senza figli", percepiti come un "intralcio alle speranze" dalla “nuova“ Alessia Pifferi, la donna di 37 anni, completamente rinata dopo la separazione dal marito Francesco, “Franco“ per tutti, al quartiere Ponte Lambro dove la coppia abitava. Di quella vita semplice semplice, con il marito, portinaio, venuto su dalla Sicilia, di cui pure i primi tempi era gelosa, i soldi che a mala pena erano bastati per comperarsi una piccola auto usata e un motorino, lei, dimagrita, più elegante e più curata, non ne voleva più sapere. Aveva conosciuto "finalmente l’uomo giusto", a Leffe, aveva avuto, prima di quest’ultimo, altre relazioni che l’avevano appagata, ma non "sistemata", come desiderava lei. Alessia voleva una vita bella "come quelle che si vedono in tv", racconta chi la conosce. Autista per raggiungere Leffe, abiti che non la facevano passare inosservata. Tacchi, trucco e parrucchiere, una immagine così diversa da quella dei primi anni di matrimonio. Aspirazioni del tutto legittime, quando non degenerano in comportamenti che configurano reati.

Dai messaggi che la Pifferi, in carcere con l’accusa di avere lasciato morire di stenti sua figlia Diana di 18 mesi, inviava ai suoi contatti, emerge una "chiara e lucida strategia complessiva di vita che ha guidato tante sue ultime scelte", spiegano i pm che stanno coordinato le indagini. Il fascicolo è ora cointestato anche al quinto dipartimento, quello delle fasce deboli ed è stato assegnato alla pm Rosaria Stagnaro, che se ne occuperà insieme a Francesco De Tommasi. Le chat dell’orrore, sulle quali non c’è stata discovery, sono parte determinate dell’inchiesta, in queste lei "appare lucidissima nei suoi comportamenti, anche in quelli precedenti alla morte della piccola Diana. Alessia sceglie cosa fare, sceglie le persone da frequentare, sceglie di rischiare lasciando sola Diana per costruirsi un futuro, suo personale prima di tutto e sopra tutto", spiegano in Procura. Comportamenti che potranno pesare sulla determinazione delle aggravanti all’imputazione di omicidio volontario. Le chat, "molto interessanti" secondo i pm, "raccontano tanto della personalità della donna e del mondo in cui lei pensava, immaginava, di poter vivere. Anche a scapito della bambina".

Determinante sarà l’esito dell’analisi sul latte e sul biberon trovato nella stanzetta in cui dormiva Diana e in cui è morta. Se ci fossero tracce di benzodiazepine le sarebbe imputata anche la premeditazione. Perché lei avrebbe “drogato“ la piccola per impedire che piangesse, richiamando così l’attenzione dei vicini che si sarebbero accorti che la bimba veniva lasciata sola dalla mamma.