Cremona, tumore al cervello operato con la chirurgia transulcale mininvasiva: ecco perché è rivoluzionaria

La prima paziente dell’équipe di neurochirurgia dell’ospedale di Cremona è stata una donna di 60 anni: “Questo intervento era l’unica soluzione possibile”

Una donna di 60 anni con un tumore al cervello è stata operata mediando la chirurgia transulcale, una tecnica innovativa in grado di rimuovere masse tumorali cerebrali profonde – normalmente difficili o impossibili da raggiungere – sfruttando i “sentieri” del cervello. L’intervento è stato eseguito all’ospedale di Cremona dall’équipe di neurochirurgia diretta da Antonio Fioravanti con l’assistenza dei colleghi di neuroradiologia, neuroanestesia e neurofisiopatologia.

La chirurgia transulcale è stata  sviluppata negli Stati Uniti ed è usata in pochissimi centri italiani. La prima paziente operata in questo modo a Cremona si chiama Gisella e la sua storia di cura è iniziata dieci anni fa con un tumore alla mammella. “Da allora faccio controlli e chemioterapie – spiega – nonostante questo, mi hanno diagnosticato delle metastasi al cervello. Questo intervento era l’unica soluzione possibile, ho accettato di buon grado”. 

Antonio Fioravanti durante l'intervento di chirurgia transulcale
Antonio Fioravanti durante l'intervento di chirurgia transulcale

Come funziona la chirurgia transulcale

L’ospedale di Cremona spiega che questo tipo di chirurgia sfrutta la presenza dei solchi cerebrali, vie anatomiche che dividono i fasci di materia bianca, responsabili di funzioni importanti come il movimento o il linguaggio. “Per farlo – chiarisce Fioravanti – utilizziamo uno strumento composto da un applicatore (13 millimetri di diametro) che viene inserito nel solco cerebrale spostando le porzioni limitrofe per arrivare direttamente sulla lesione. Attraverso una piccola camera di lavoro inserita nell’introduttore, il chirurgo può intervenire in modo preciso e mirato”.

L’intervento è possibile grazie alla neuronavigazione, che consiste nella mappatura tridimensionale della lesione e delle aree eloquenti limitrofe. “La pianificazione viene effettuata prima dell’intervento, in modo da delineare la traiettoria migliore per raggiungere il tumore preservando al massimo l’organo”, aggiunge il neurochirurgo. “Per questo, è fondamentale la collaborazione con la neuroradiologia, la neuroanestesia e la neurofisiopatologia, che affiancano i neurochirurghi sia nella fase preparatoria sia durante l’intervento”.

La paziente: "Non ho più paura”

Si prepara già a tornare a casa e dice di essere “serena”. “Non ho più paura di nulla. Mi sono sentita tranquilla, sia i medici sia gli infermieri sono stati bravissimi, capaci, veramente in gamba”. Tra loro, una sorpresa: “Prima di entrare in sala operatoria ho trovato una mia ex alunna”, racconta la donna, insegnante alla scuola primaria. “Oggi è anestesista all’Ospedale di Cremona. Mi sono un po’ commossa, la sua presenza ha tranquillizzato me e mio marito”. Tra i primi desideri di Gisella “c’è una pizza ai quattro formaggi. E poi riprendere a viaggiare e fare tutte le piccole cose che finora non sono state possibili”.

Le applicazioni nella ricerca

La procedura ha diversi vantaggi anche nell’ambito della ricerca perché il materiale prelevato può essere usato per studiare la patologia e sviluppare trattamenti oncologici post-chirurgici mirati. Ma non solo, spiega Fiovavanti: “Oltre ad essere mininvasiva rispetto alla tradizionale “open surgery”, consente di ridurre la durata dell’intervento, le complicanze operatorie e postoperatorie che caratterizzano gli interventi ad alta complessità. I tempi di ricovero e recupero postoperatorio sono più brevi: il paziente potrà essere dimesso in pochi giorni e riacquistare in breve una buona qualità di vita”.  

Lavoro di squadra

L’intervento è stato condotto dall’équipe di Antonio Fioravanti, affiancato dal neurochirurgo Carmine Donofrio, dall’anestesista Elena Grappa, assistiti dalle infermiere Marina Cusumano, Claudia Dilda e Silvia Mazzoni. “Il tumore era situato nella parte frontale sinistra del cervello – spiega Fioravanti – una sede critica, perché vicina all’area del linguaggio. Con questa nuova tecnica, siamo riusciti ad asportare completamente la lesione”. La paziente si è svegliata poche ore dopo l’operazione e quattro giorni più tardi è stata dimessa dall’ospedale.