Latte all’estero? Vogliono il certificato anti-virus

La Coop Fattorie Cremona nei guai per l’export dei prodotti: "Non possiamo fornire timbri e bolli, la malattia non riguarda gli alimenti"

Prodotti del made in Italy

Prodotti del made in Italy

Cremona, 2 marzo 2020 - Tre richieste informali sono arrivate da Regno Unito, Germania e Spagna, sul tavolo della storica cooperativa Fattorie Cremona. Un’istanza più formale è arrivata invece dalla Grecia. Clienti che pretendono rassicurazioni o veri e propri certificati sulla sicurezza di prodotti lattiero-caseari, una sorta di bollo “virus free” impossibile da fornire, anche perché la trasmissione non avviene con il cibo ma attraverso contatti tra le persone. Nei giorni dell’emergenza arriva anche la burocrazia oltreconfine a mettere in difficoltà le imprese lombarde. Fattorie Cremona è solo una delle aziende che in questi giorni si trovano di fronte a richieste anomale dei clienti stranieri, tra psicosi e disorientamento.

«Un cliente greco ci ha chiesto di fornire una certificazione formale sulla sicurezza del prodotto", racconta Giovanni Guarneri, consigliere di Fattorie Cremona e coordinatore del settore lattiero caseario di Alleanza cooperative agroalimentare. "In pochi giorni sono arrivate richieste analoghe in via più informale anche da clienti in Germania, Spagna e Regno Unito – prosegue – siamo rimasti spiazzati, anche perché in questa situazione non esiste un certificato che possiamo presentare". Un problema in più per la cooperativa che dal 1933 riunisce produttori di latte e formaggi in una provincia ora colpita dall’emergenza coronavirus, con lo strascico di barriere e timori dei grossisti stranieri che portano gli alimenti lombardi nei supermercati di tutto il mondo.

«Noi ci siamo assunti la responsabilità comunicando che i prodotti sono in linea con gli standard di sicurezza e che non sussiste pericolo – prosegue Guarneri – alla fine li abbiamo mandati all’estero regolarmente. Servirebbe però un intervento del nostro Governo con i Paesi europei per fare chiarezza in questa situazione, magari con la firma di un protocollo tra i ministeri della Salute, anche perché non c’è un pericolo di contagio con gli alimenti. Tra i nostri clienti c’è allarme ma soprattutto l’esigenza di alleggerirsi della responsabilità su eventuali problemi che potrebbero sorgere in una situazione ancora confusa".

Un’emergenza che sta provocando contraccolpi economici nel mondo delle coop, mettendo in difficoltà aziende agricole ma soprattutto il settore del sociale, con lavoratori a casa per la sospensione dei servizi. Secondo una stima di Confcooperative, solo in Lombardia sono 12mila i posti di lavoro a rischio. Il presidente, Massimo Minelli, rilancia l’appello per provvedimenti anti-crisi.