Il segreto pontificio salva don Inzoli: negata la rogatoria alla Procura

Cremona, atti istruttori non rivelabili al pm per gli abusi sui minori di Gabriele Moroni

Don Mauro Inzoli

Don Mauro Inzoli

Cremona, 3 marzo 2015 - Il Vaticano «chiude» alla Procura di Cremona sulla rogatoria chiesta per conoscere cosa sia stato accertato dal procedimento ecclesiastico a carico di don Mauro Inzoli, per un trentennio potente e carismatico prete di Comunione e Liberazione, raggiunto da drastici provvedimenti del Vaticano per una storiaccia di abusi su minori. Lo scorso ottobre il procuratore Roberto di Martino si era rivolto alla Santa Sede, attraverso il ministero della Giustizia, con una richiesta di rogatoria. Con la data del 20 febbraio è arrivata al procuratore una comunicazione del ministero che a sua volta, il 23 gennaio, aveva ricevuto dal Vaticano il testo (con più di un «omissis») del provvedimento preso per don Inzoli e la risposta negativa alla richiesta: gli atti istruttori e processuali sull’«affare» Inzoli non possono essere rivelati perché «sub secreto pontificio». Non occorre avere studiato Cicerone per tradurre: il procedimento ecclesiatico è segreto.

Questo non ha fermato l’inchiesta su don Inzoli, 64 anni, conosciuto anche come «don Mercedes» o «don Marcinkus», fondatore del Banco Alimentare, che si occupa della raccolta di generi alimentari destinati ai più bisognosi, nonché animatore della onlus cremasca «Fraternità». Di Martino ha ascoltato diversi testimoni e altri sono attesi. A mettere in movimento le pale della giustizia ordinaria è un esposto presentato da Franco Bordo, deputato di Sel. La denuncia contro il prete (al vescovo e non all’autorità giudiziaria) verrebbe invece dal presidente di un istituto religioso. Lo scandalo deflagra in pubblico il 9 dicembre del 2012, quando il sito della curia cremasca pubblica la decisione del Vaticano di ridurre don Mauro allo stato laicale, un provvedimento contro cui il sacerdote ricorre nel febbraio del 2013.

Il 12 giugno del 2014 la Congregazione della Dottrina della Fede trasmette al vescovo di Crema il decreto che infligge a don Inzoli una «pena medicinale perpetua». Conserva tecnicamente lo status di prete, ma la responsabilità è stata riconosciuta. Così, «in considerazione della gravità dei comportamenti e del conseuente scandalo provocato da abusi su minori», il prete è «invitato ad una vita di preghiera e di umile riservatezza, come segni di conversione e penitenza». Bandito da Crema (la sua città), «deve intraprendere, per almeno cinque anni, una terapia adeguata». Non può «celebrare o concelebrare in pubblico l’eucaristia e gli altri sacramenti né predicare, ma solo celebrare l’eucaristia privatamente». L’inosservanza degli obblighi comporterà «la dimissione dallo stato clericale». I riflettori su don Inzoli riaccendono, fra le polemiche, nello scorso gennaio, quando compare a Milano a un convegno organizzato dalla Regione Lombardia sulla «famiglia naturale». Viene fotografato seduto in seconda fila, dietro Maroni e Formigoni (che subito dopo dichiarano di non essere stati informati della scomoda presenza).

gabriele.moroni@ilgiorno.net