BEATRICE RASPA
Cronaca

Voleva uccidere la moglie. Dieci anni in Cassazione all’ex guardia giurata

Venne presa al collo e alzata da terra perché aveva scoperto un tradimento. Fu solo l’intervento del figlio di quattordici anni a salvarle la vita .

Voleva uccidere la moglie. Dieci anni in Cassazione all’ex guardia giurata

Voleva uccidere la moglie. Dieci anni in Cassazione all’ex guardia giurata

Anche per la Cassazione non c’è dubbio: l’aveva presa per il collo arrivando a sollevarla da terra. Anche se l’imputato nega di aver voluto uccidere, e anche se le lesioni riportate dalla donna furono minime, fu un tentato omicidio. I giudici romani hanno confermato la condanna a dieci anni per una guardia giurata che nell’autunno 2021 finì a processo con l’accusa di avere maltrattato e tentato di strozzare la moglie. A chiamare i carabinieri, e a salvare la madre, era stato il figlio quattordicenne della coppia, intervenuto all’apice dell’ennesimo litigio tra i genitori, nella loro casa di Travagliato. La vicenda risale al 20 maggio di tre anni fa. La vittima, all’epoca 43 anni, madre di tre figli, era stata aggredita in casa dopo avere scoperto che il consorte, sei anni più di lei, aveva intrecciato una relazione parallela con un’altra donna conosciuta online. Ricevuta una telefonata dal marito dell’amante, il quale l’aveva informata del tradimento e le aveva annunciato che la moglie era prossima a lasciarlo per trasferirsi dalla Puglia a Brescia per stare stabilmente con suo marito, la signora avuto da ridire. E il marito per tutta risposta, non gradendo l’interferenza, la scaraventò contro un muro, insultandola, afferrandola per il collo, sollevandola da terra con la mano sinistra e immobilizzandola con la destra.

La scena appunto fu interrotta dal figlio adolescente, che chiamò il 112. Portata in ospedale, la 43enne fu dimessa con una prognosi di un paio di settimane. Il consorte invece finì in carcere per tentato omicidio. L’indagine sui trascorsi dei coniugi appurarono un pregresso di maltrattamenti e all’uomo in passato era già stata ritirata l’arma d’ordinanza. Una volta a processo, l’imputato ammise le condotte maltrattanti ma negò di avere voluto uccidere la moglie. Una tesi che ha portato avanti anche in appello, senza essere creduto. E nemmeno la Cassazione ha accolto il suo ricorso: "La scarsa entità (o anche l’inesistenza) di lesioni provocate alle persona offesa non sono circostanze idonee di per sé a escludere l’intenzione omicida - hanno deciso i giudici romani chiudendo il caso - in quanto non sono rapportabili anche a fattori indipendenti dalla volontà dell’agente , come un imprevisto movimento della vittima, un errato calcolo della distanza, una mira non precisa, ovvero, come nel caso di specie, l’intervento di un terzo (il figlio, ndr).