
di Paola Pioppi
"Le istituzioni si devono riappropriare del controllo del territorio. Dobbiamo essere noi a farlo, e non la criminalità organizzata". Alessandra Dolci, capo della Dda di Milano, ieri è intervenuta in un incontro streaming organizzato dal Circolo Ambiente Ilaria Alpi e da Arci Como, partendo dal tema “Criminalità al tempo del covid“, seguito da decine di persone. "Fin dall’inizio – ha detto il magistrato – abbiamo monitorato i soggetti legati alla ‘ndrangheta, e colto grande fibrillazione per trarre profitto da ciò che stava accadendo. Inizialmente l’attenzione è stata per i materiali sanitari, grossi stock da reperire e vendere a prezzi più alti in un mercato che aveva grande richiesta". Ma la criminalità organizzata si è diretta anche verso cimiteri e pompe funebri, così come attività di sanificazione degli ambienti, mentre ora si rivolge alla ristorazione e ai finanziamenti pubblici, facendo resuscitare società fantasma.
"I profitti sono stati subito immediati e alti e sconfinavano nello smaltimento di rifiuti speciali, un altro settore nel quale il crimine organizzato è infiltrato da tempo. Per questo, è importante la prevenzione: le amministrazioni locali devono essere più capillari nel monitoraggio, fare attenzione alle autorizzazioni, tenere sotto controllo le aree a rischio, come i capannoni dismessi, formare la polizia locale". Non a caso, un indagato intercettato, aveva affermato che "conviene trafficare in rifiuti anziché in droga, perché si guadagna di più e non si rischia di perdere il carico", oltre ad incorrere in sanzioni penali molto inferiori.
Un altro concetto importante che il magistrato ha voluto sottolineare, è stato la "sensibilizzazione dei cittadini", e la capacità di incentivare la fiducia nelle istituzioni: "È importante creare centri di ascolto per le vittime di usura osservatori per monitorare le presenza mafiosa, stare vicino ai cittadini. Anche chiedere la gestione dei beni confiscati, e trasformarli in luoghi di socialità, è un segnale importante. I cittadini devono vedere che i beni dei mafiosi diventano di tutti, perché dobbiamo essere noi istituzioni a riappropriarci di ciò che appartiene alla collettività".