Omicidio a Como, morto in auto con la gola tagliata: "Lo conoscevo, non aveva una casa"

Il parroco di Rebbio che aiuta migranti e bisognosi: la vittima? Una persona discreta, non aveva chiesto aiuto. Serve prevenzione

I rilievi sul luogo del delitto e Omar Querenzi, arrestato per le due aggressioni

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Como - "Lo conoscevo di vista, l’avevo incrociato un paio di volte. Era una persona discreta, sapevamo che non aveva una casa, ma non si era mai rivolto a noi per chiedere aiuto". È toccato a don Giusto Della Valle dare l’estrema unzione a Giuseppe Mazza, l’anziano ritrovato ieri pomeriggio in via Giussani con la gola squarciata da un coccio di bottiglia.

Com’era capitato un paio di anni fa, quando era stato ucciso don Roberto Malgesini, anche questa volta è stato lui uno dei primi ad arrivare. L’ennesima tragedia consumata in una delle città più ricche d’Italia dove l’emarginazione può anche uccidere. In attesa che gli inquirenti ricostruiscano quanto è accaduto a poca distanza dalle scuole del quartiere, nel perimetri della piccola utilitaria, una Volkswagen Lupo, che da tempo era l’unico bene di Giuseppe Mazza, costretto a 76 anni a vivere in quell’auto che era diventata anche la sua casa. I finestrini abbassati e il corpo, almeno in apparenza senza segni di lotta, fanno pensare che chi l’ha ucciso l’ha sorpreso all’improvviso, tagliandogli la gola forse senza neppure rivolgergli la parola. "Lasciamo che la giustizia faccia il suo corso, so che ci sono delle indagini in corso. Di sicuro noi non possiamo che interrogarci su come cercare di prevenire certe tragedie. Si possono dare tante risposte e sicuramente quella della sicurezza è una delle tante, ma non può essere l’unica".

I rilievi sull'auto da parte della Polizia
I rilievi sull'auto da parte della Polizia

Lo sa bene don Giusto che da anni ha trasformato la parrocchia di Rebbio e il suo oratorio in un rifugio per tante persone in difficoltà, in particolare i migranti che cercano rifugio nel nostro Paese, ma anche tanti italiani in difficoltà. "A Como esiste una Rete per disagio, ci sono tanti volontari che si danno da fare con generosità - conclude don Giusto - ma il lavoro da fare purtroppo è ancora tanto. Occorre lavorare sulla prevenzione, costruire dei percorsi individuali per aiutare queste persone che vivono ai margini a riprendere in mano la loro vita. Non è mai facile, occorre costruire dei rapporti personali. In questo era bravissimo don Roberto (Malgesini ndr.) lui ogni giorno andava a trovare sulle strade queste persone, le seguiva nei loro bisogni e per questo era così amato".