Mafia, due bar chiusi a Cadorago e Cirimido

Dai controlli delle forze dell'ordine sono risultati "presidi sul territorio" della 'ndrangheta

Le indagini della Polizia postale

Le indagini della Polizia postale

Locali pubblici utilizzati per organizzare incontri e cene a cui partecipavano soggetti vicini alla criminalità organizzata, durante i quali sarebbero stati definiti accordi e patti d’affari, vincolati da rituali ‘ndranghetisti. Per la prima volta nel Comasco, è stato applicato un provvedimento che consente di intervenire direttamente sulle attività, colpendo gli interessi economici del sodalizio criminale e smantellandone i punti di riferimento sul territorio. Così, in applicazione di questa normativa, ai titolari del bar Liam Cafè di Cirimido è stata notificata la revoca della licenza, mentre per il bar One Shot di Cadorago, è stata disposta la sospensione della licenza per novanta giorni, la più lunga mai decisa per un locale pubblico a Como e provincia. I provvedimenti sono stati emessi sulla base di quanto stabilito dall’articolo 100 del Testo Unico delle leggi di pubblica sicurezza, che concede al Questore, quale autorità provinciale di pubblica sicurezza, il potere di sospendere o revocare le licenze - ora sostituite dalla Scia, Segnalazione certificata di inizio attività - di quei locali in cui siano avvenuti disordini, o che siano abituali ritrovi di persone pregiudicate o pericolose. Interventi di questo genere vengono svolti periodicamente dove avvengono episodi violenti o quando i gestori tollerano la presenza di attività criminali, ma la durata delle sospensioni non supera mai le tre o quattro settimane. Quest’ultima attività, in particolare, scaturisce dall’operazione condotta dalla Dda di Milano a novembre, che aveva coinvolto il territorio della Bassa Comasca: dal monitoraggio di una serie di soggetti, era emerso che alcuni esercizi pubblici costituivano dei veri e propri "presidi sul territorio", riconducibili alla ‘ndrangheta. Nonostante i locali fossero intestati a persone incensurate, si ritiene che venissero di fatto gestiti da membri delle famiglie colpiti dalle indagini. Le risultanze che hanno portato il Questore a emettere i due provvedimenti, sono state il risultato di verifiche condotte congiuntamente dalla Polizia di Stato e dalla Guardia di finanza, integrate da segnalazioni giunte anche dai Carabinieri. A questo si sono aggiunti i risultati dei molteplici controlli effettuati, negli ultimi due anni, da parte delle forze di polizia.