
Il super franco questa volta ha fatto arrabbiare anche gli Stati Uniti che a fine anno, attraverso il Dipartimento americano del Tesoro hanno bacchettato Berna per le manovre della Banca Nazionale Svizzera indirizzate a frenare la corsa della propria divisa. Si tratta di un problema annoso, ogni volta che si genera turbolenza sui mercati tanti risparmiatori e soprattutto i fondi di investimento cercano di mettersi al sicuro investendo nel franco svizzero, per antonomasia una delle valute più solide al mondo. Così la divisa elvetica che già normalmente vale più del dollaro e viene scambiata poco sotto l’euro rischia di rafforzarsi troppo, con il risultato che per le aziende svizzere diventa troppo complicato vendere i loro prodotti all’estero. Per questo la Banca Nazionale interviene alleggerendo la pressione sulla propria divisa con acquisti mirati di valuta estera, in particolare euro e dollari. Il cambio tra euro e dollaro ha toccato il minimo lo scorso 23 aprile, arrivando a un passo dalla parità con un tasso di cambio di 1,05, poi grazie all’intervento della Banca Nazionale il cambio è tornato in equilibrio a 1,08. Una manovra che secondo gli esperti finanziari sarebbe costata alla Svizzera 100 miliardi di franchi pari a 93 miliardi di euro. Un intervento corposo che non è sfuggito neppure all’osservatorio del Dipartimento americano del Tesoro che ha criticato le manovre protezioniste degli svizzeri, forse dimenticando le manovre anche più spericolate della Federal Reserve. Di certo i cento miliardi di franchi sono stati ben spesi almeno a giudicare dai risultati del Pil elvetico che nel terzo trimestre è tornato a crescere nel corso dell’estate, salvo poi arretrare di qualche punto con l’arrivo dell’autunno.