Padre e figlio condannati per il rogo del bosco sopra Garzeno

Per il giudice i due allevatori hanno appiccato le fiamme nella zona di pascolo utilizzando dei candelotti ad innesco ritardato

I vigili del fuocio impiegarono ore per spegnere il rogo sopra Garzeno

I vigili del fuocio impiegarono ore per spegnere il rogo sopra Garzeno

Garzeno (Como), 10 gennaio 2020 - L’incendio era scoppiato il 27 aprile 2018, nei boschi sopra Garzeno. Precisamente in località Zeda, zona di pascolo dove i vigili del fuoco erano riusciti a evitare che il rogo si estendesse ulteriormente. Un rogo per il quale sono ora stati condannati a due anni di reclusione, con rito abbreviato, G.a., 63 anni e il figlio I., 33 anni, entrambi di Gravedona ed Uniti, accusati dal pubblico ministero Pasquale Addesso di incendio boschivo in concorso. Il gup Laura De Gregorio, che ha concesso la sospensione condizionale al solo I.A., li ha inoltre condannati al risarcimento del danno provocato al Comune di Garzeno, proprietario di quei terreni e costituito parte civile nel processo. 

Fin da subito , dagli accertamenti dei Carabinieri Forestali, era emerso che quelle fiamme non erano state il prodotto di un fatto accidentale: erano infatti stati trovati alcuni candelotti, ritenuti connessi all’incendio che si era sviluppato a Zeda: ordigni a effetto ritardante, che posticipavano la propagazione delle fiamme, per il tempo necessario a consentire l’allontanamento di chi appiccava il rogo. Erano poi stati svolti ulteriori accertamenti per arrivare a capire chi potesse essere passato da quei luoghi nelle ore precedenti l’intervento dei vigili del fuoco. Indagini condotte anche con l’utilizzo di fototrappole, telecamere autonome che possono essere piazzate nei boschi, che realizzano sia foto che video, piazzate già in precedenza dagli inquirenti per capire l’origine di altri incedi scoppiati in zona nei giorni precedenti. In questo modo, i militari erano arrivati a sospettare di padre e figlio: la loro macchina agricola era stata vista passare il 27 aprile in serata diretta a Zeda, con a bordo due persone, 45 minuti prima della propagazione del fuoco, un tempo ritenuto compatibile con l’azione degli inneschi. 

I carabinieri avevano quindi deciso di procedere con una perquisizione nella loro abitazione, dove erano stati trovati dei candelotti ritenuti compatibili con quelli utilizzati dagli incendiari. Ma anche indumenti simili a quelli indossati da chi era stato visto a bordo del mezzo agricolo transitato quel giorno. Il solo I.A.  si era fatto interrogare dopo aver ricevuto l’avviso di conclusione delle indagini, rivendicando la sua estraneità ai fatti: "È una zona che non mi interessa - aveva detto - non avrei alcuna utilità a bruciare quei pascoli, perché non li uso. Sono 15 anni che pascolo in quelle zone, e passavo spesso la sera per portare il fieno alle manze che teniamo in una baita a Zeda".