Campione, a due anni dal crac poveri e soli

Dopo il fallimento del 27 luglio 2018 restano solo debiti, licenziamenti e pacchi alimentari. I croupier? Qualcuno ora fa il giardiniere

Manifestazione dei residenti a due giorni dalla chiusura del casinò

Manifestazione dei residenti a due giorni dalla chiusura del casinò

Campione d'Italia (Como), 27 luglio 2020 - Per tutta Italia venerdì 17 è il giorno sfortunato per antonomasia, a Campione d’Italia il massimo della malasorte cade di venerdì 27. In questo caso la scaramanzia non c’entra, si tratta di un fatto storico: il 27 luglio del 2018 il Tribunale di Como ha dichiarato il fallimento della casa da gioco che dava, letteralmente, da vivere all’intero paese. E da quel momento è stata la rovina. Luci spente da due anni nella Las Vegas italiana in terra Svizzera, dove in una sera alla roulette i giocatori potevano vincere o perdere una fortuna ma a guadagnarci alla fine erano sempre e solo i campionesi che non puntavano neppure un euro, anzi un franco, visto che da queste parti la valuta è quella elvetica. In realtà gli affari andavano male, da tempo il Comune aveva rinunciato a prendersi tutti gli emolumenti che gli sarebbero spettati dalla casa da gioco, più o meno 40 milioni di franchi l’anno, pari a oltre 37 milioni di euro che suddivisi per poco meno di 2mila abitanti fanno più di 18mila euro a testa.

Non è un caso se all’epoca in municipio c’erano 110 dipendenti, compreso un plotone di vigili, gli impiegati dislocati nell’ufficio postale e una quindicina di funzionari impiegati a controllare gli incassi del casinò, l’unica azienda degna di questo nome presente in paese non fosse altro perché occupava oltre 550 lavoratori, la maggior parte dei quali residenti a Campione. Dall’oggi al domani hanno perso il loro posto di lavoro e sono ancora in attesa del Tfr che non è stato pagato visto che tutti i beni sono stati congelati dalla procedura di fallimento. I lavoratori, attraverso i loro legali, si erano rivolti all’Inps di Como chiedendo di essere ammessi al fondo di garanzia, ma gli uffici hanno fatto sapere di non poter intervenire almeno finché non si conoscerà l’esito dell’appello contro il fallimento della casa da gioco.

Per difendere il loro posto di lavoro contro tutto e tutti hanno mantenuto attivo il presidio in piazza Maestri Campionesi per un anno intero, sfidando il gelo, il caldo e le promesse dei politici che sono rimaste tali. Alla fine chi ha potuto si è arrangiato con quel che ha trovato e qualche croupier è finito anche a fare il giardiniere pur di mantenere la famiglia. Gli stipendi che negli anni d’oro erano anche tre o quattro volte quelli italiani ormai sono un ricordo. Tutti a Campione se la passano male: le uniche attività commerciali rimaste sono un bar, un ristorante frequentato quasi solo da svizzeri e la farmacia. Gli anziani non possono più contare sugli aiuti del Comune che fino a un paio di anni fa versava loro anche 1.000 euro al mese per integrare la pensione, i bambini l’altro inverno in un paio di occasioni sono dovuti rimanere a scuola con la giubbotto e il berretto perché non c’erano i soldi per pagare il gasolio della caldaia.

Hanno chiuso il centro degli anziani e la scuola materna, mentre al loro posto ha aperto una dispensa che garantisce la distribuzione gratuita di generi alimentari a una trentina di famiglie che altrimenti sarebbero alla fame. Anche così vivere a Campione d’Itali a diventa ogni giorno più difficile. Elettricità, telefono, gas, acqua potabile e servizi essenziali come la raccolta dei rifiuti si pagano al Canton Ticino che infatti vanta un credito milionario. Ogni tanto gli svizzeri fanno la voce grossa, lo scorso hanno per andare in pari con i debiti di Campione si sono trattenuti 5 milioni di euro dei ristorni dei frontalieri. Alla fine però se non fosse per loro da qui sarebbero scappati tutti.