
I rilievi dei carabinieri dopo l’omicidio di Franco Mancuso
Cadorago (Como), 7 luglio 2020 - Ergastolo per Bartolomeo Iaconis e Luciano Rullo, riconosciuti colpevoli dell’omicidio di Franco Mancuso, avvenuto il pomeriggio dell’8 agosto 2008 all’interno del bar Arcobaleno, a Bulgorello di Cadorago. La sentenza è stata letta ieri dalla Corte d’Assise di Como, al termine di una camera di consiglio durata meno di due ore e mezza, dopo 18 udienze del processo iniziato a ottobre.
Nell’accogliere la richiesta del pm della Dda Cecilia Vassena, la Corte ha quindi ritenuto che Iaconis, 61 anni, e Rullo, 52 anni, siano stati il mandante e l’esecutore del delitto commesso a colpi di pistola, da un uomo che era entrato nel cortile del bar, aveva sparato tre volte ed era fuggito in moto, a causa di due litigi avvenuti qualche settimana prima tra Mancuso e Iaconis. Un’azione ritenuta premeditata, e aggravata dalla modalità mafiosa, in considerazione del contesto di appartenenza dei due imputati, ritenuti legati alla ‘ndrangheta.
I giudici hanno stabilito un risarcimento in via provvisionale di 100mila euro a testa per ognuna delle quattro parti civili costituite, la moglie e i tre figli della vittima. È stata inoltre disposta la trasmissione degli atti per falsa testimonianza per due testimoni, uno dei quali Massimiliano Annoni, titolare del bar in cui era avvenuto il delitto. "Finalmente siamo arrivati a una sentenza, siamo soddisfatti, ha detto Teresa Capozzoli, moglie della vittima, il cui avvocato, Giuseppe Guanziroli, ha aggiunto: "È una sentenza che fa giustizia dopo 12 anni".
L’indagine, che fu archiviata, era stata ripresa nel 2015 in seguito alle rivelazioni del collaboratore di giustizia Luciano Nocera. Era stato lui a raccontare che Rullo gli aveva confidato di aver commesso quell’omicidio su richiesta di Iaconis, come risposta a due reazioni aggressive che Mancuso aveva avuto nei suoi confronti, davanti al bar Bulldog, quando gli aveva sfondato il cruscotto dell’auto a colpi di mazza da baseball, e dal carrozziere alcuni giorni dopo, quando i due avevano avuto un ulteriore discussione. Nel timore di essere stato visto mente scappava in un campo, aveva chiesto a Nocera di intervenire, per garantire il silenzio.
Di tutt’altro tenore le valutazioni dei difensori dei due imputati, che avevano cercato di mettere in discussione, punto per punto, ogni passaggio dell’accusa: "È una sentenza coraggiosa - ha commentato Maurizio Gandolfi, legale di Iaconis - perché ci vuole coraggio per condannare a fronte di una quantità di ragionevoli dubbi", mentre Jacopo Cappetta, difensore di Rullo, ha sottolineato che "i dubbi che abbiamo sollevato erano fondati: abbiamo dato una lettura dei motivi per cui non si doveva credere alla ricostruzione dell’accusa, a partire dal fatto che era un’indagine viziata fin dall’inizio".
In queste ultime ore, la Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Milano, su richiesta della Dda, ha applicato a Iaconis la sorveglianza speciale per 3 anni e 6 mesi, e trasformato in confisca il sequestro da 1,2 milioni che ha raggiunto i beni dell’azienda agricola “Bart-Ranch” di Appiano Gentile, compresi stalloni, puledri, ma anche bovini, pecore e capre, oltre a conti correnti e 55mila euro trovati nell’intercapedine di un muro. I giudici, nel motivare il provvedimento, parlano di "un’evidente sperequazione fra redditi dichiarati e stile di vita" di Iaconis, e spiegano che dagli "Anni Settanta" a oggi ha continuato "ad agire a favore della ‘ndrangheta, di cui ha continuato a far parte" con "ruoli decisionali e di potere".