Brahimaj morto per recuperare un badile

All’indomani dell’incidente emergono le prime ipotesi all’origine di una tragedia dai contorni assurdi

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La buca di Colverde che martedì pomeriggio è diventata la tomba di Bardhi Brahimaj è già stata coperta. Quello scavo faceva parte di un intervento ordinario, come se ne vedono in tutti i comuni. E proprio per questo motivo sembra ancora più assurdo che in una frazione di secondo possa essersi trasformato in una trappola mortale per l’operaio Albanese di 40 anni, che viveva da solo a Lurate Caccivio. "È ordinario che un’azienda faccia scavi di quel tipo lungo le strade, ma non è ordinario che questi interventi generino vittime", commentano i sindacati intervenuti sul cantiere di Colverde subito dopo la tragedia. All’indomani dell’ennesimo incidente mortale sul lavoro in cantiere, come accade sempre più spesso, a farsi avanti è una dinamica ancora più assurda rispetto a ciò che era emerso nelle ore immediatamente successive alla tragedia.

Gli operai impegnati sul cantiere di Colverde erano autorizzati per uno scavo relativo a opere di urbanizzazione accessorie. Nello specifico cercavano un tubo. Non trovandolo, lo scavo si è prolungato oltre la profondità prevista. Una volta terminato l’intervento però, nel pulire la strada, un attrezzo (un badile) sarebbe finito all’interno della buca. Bardhi Brahimaj, che era dipendente diretto dell’azienda incaricata dei lavori, si trovava all’esterno ed è entrato nella buca per recuperarlo, ma le pareti hanno ceduto all’improvviso, seppellendolo e uccidendolo sul colpo. Due operai e un passante si sono accorti di quello che stava accadendo e hanno cercato di avvisarlo, ma ormai non c’era più nulla da fare. L’operaio era già morto sotto il peso di quintali di terra. Federico Magni