Como, appello dal Bassone: "Date lavoro ai detenuti"

Il direttore della casa circondariale si rivolge alle imprese: formazione e attività aiutano a reinserirsi

L'ingresso del Bassone

L'ingresso del Bassone

Como, 12 settembre 2019 - All'interno della casa circondariale Bassone di Como, due detenuti su tre sono colpiti da condanne irrevocabili. Si tratta di pene non superiori ai cinque anni, che consentono la loro permanenza in una casa circondariale e non in un carcere, ma che tuttavia fanno sorgere inevitabili problemi gestionali. Si tratta infatti di persone che hanno il diritto di seguire percorsi di formazione professionale e di avere una prospettiva di avviamento al lavoro, poter giungere al fine pena con una concreta possibilità di reinserimento. Ma tutto ciò si sta rivelando sempre più difficile, anche per una storica difficoltà di creare un dialogo costante e costruttivo con il territorio. Per questo, il direttore della struttura comasca, Fabrizio Rinaldi, ha lanciato un appello nel tentativo di sollecitare l’interesse e l’attenzione del tessuto produttivo comasco. "Il tempo trascorso qui – ha detto – non deve essere tempo perso, o investito per fortificare condotte delinquenziali. Al contrario, deve essere tempo utile".

Al 31 agosto erano presenti 439 detenuti, tre quarti dei quali già condannati in primo grado, e 293 ormai definitivi, e quindi avviabili a progetti formativi o professionali. "Dobbiamo sviluppare sempre di più le attività produttive interne – ha proseguito Rinaldi – con l’auspicio che l’imprenditoria voglia dare un suo contributo, da affiancare a ciò che fanno quotidianamente i volontari»".

Il ruolo del  mondo economico e produttivo potrebbe concretizzarsi in vari modi. Da un lato la disponibilità ad assumere detenuti che hanno maturato i requisiti per svolgere il lavoro esterno, ai quali è consentito di uscire ogni giorno dal carcere per recarsi sul luogo di lavoro, sfruttando quindi le competenze di cui erano già in possesso prima di affrontare la detenzione, o acquisendone di nuove. L’altra possibilità è quella di portare il lavoro in carcere, affidandolo ai detenuti che sono impiegati nei laboratori di cucito, di progettazione informatica in 3D, e nella tipografia, dove da anni viene svolto un lavoro di trascrizione e sbobinatura di registrazioni audio, anche provenienti da enti pubblici, che ha formato decine di apprendisti. © RIPRODUZIONE RISERVATA