di Beatrice Raspa "Eravamo a 5 minuti dall’arrivo, ho sentito una vibrazione ai piedi e un breve rumore, un “tac“ come se avessi colpito un tronco o un grosso ramo". Sguardo basso, Patrick Kassen ieri in aula ha dato la sua versione dell’incidente nautico sul Garda. Era il 19 giugno, le 23 passate quando il Riva Acquarama dell’amico e coimputato Christian Teissman è piombato sul barchino di Umberto e Greta, fermo nel golfo di Salò, uccidendoli. Il pm Maria Cristina Bonomo accusa i manager di Monaco di omicidio colposo pluriaggravato, naufragio e omissione di soccorso. A suo dire Kassen era ai comandi: "Mi sono sorpreso perché mi sembrava che non ci fossero ostacoli, la barca non è saltata, io non sono stato sbalzato, ma ho tolto il gas per rallentare. Mi sono girato per chiedere a Christian se avesse sentito qualcosa, ma ha negato. Ci siamo fermati per guardarci intorno ma non c’era niente. Poi a 20 metri è passata un’altra barca, ci ha suonato e ha proseguito. Abbiamo concluso che non ci fosse nulla". In due ore e mezza, aiutato dall’interprete, Kassen ha riavvolto il nastro di quella giornata trascorsa tra lago e terraferma, spesso con un bicchiere in mano, senza che le bevute abbiano, a quanto riferisce, compromesso la sua lucidità. Dal pranzo a Punta san Vigilio, al relax sul Riva ("Ho comprato una bottiglia di champagne e l’ho portata a bordo, ma ne ho bevuto solo mezzo bicchiere, non c’era ghiaccio") godendosi la Mille Miglia. Alle 16,30 i due sono in un bar, davanti una bottiglia di Franciacorta, crostini e salmone, alle 19 al ristorante Orologio per vedere la partita della Germania con una Cocacola e una birra. Alle 20,30 di nuovo sul Riva per una nuotata all’isola del Garda, poi al Sogno di San Felice. Al ristorante c’è Johnny, ...
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