Tratta di esseri umani. Coppia a processo

In aula si apre una breccia sull’inferno di alcune ragazze che hanno trovato il coraggio di raccontare e denunciare

Giovani africane costrette a vendersi

Giovani africane costrette a vendersi

Brescia - Sono accusati di avere reclutato giovani donne del Paese d’origine con la promessa di una vita migliore, di lavori con stipendi più alti e di un permesso di asilo politico garantito, quando le avrebbero in realtà obbligate a prostituirsi in strada o in appartamento a suon di botte, minacce e riti truculenti e spaventosi. Si parla di marito e moglie nigeriani, Sunday Merci e Ernst Efosa, classe 1988 e 1983, di casa a Brescia, a processo in Corte d’Assise per tratta di esseri umani finalizzata allo sfruttamento della prostituazione.

L’indagine, curata dal pm della Dda Roberta Panico, è nata grazie alla denuncia di due trentenni della Nigeria, una parrucchiera, l’altra sarta, a loro dire costrette a vendersi una volta arrivate in Italia e precipitate in un tunnel di violenza e povertà.

Dopo essere rimaste incastrate per anni – una tra il 2015 e il 2016, l’altra tra il 2017 e 2018 – in una routine di angherie e aggressioni fisiche, le due non hanno più retto, sono scappate e hanno denunciato. Il loro racconto è stato confermato nei dettagli in occasione di un incidente probatorio. Entrambe sarebbero state reclutate dalla coppia tramite connazionali di stanza in Nigeria che poi avrebbero organizzato il trasferimento in Italia. Il viaggio della speranza, costato 35mila euro a testa e pagato in anticipo dagli sfruttatori, è durato mesi.

Prima le future lucciole sono rimaste pacheggiate a lungo in un capannone in Libia, ritrovo per migliaia di altre donne sconosciute destinate alla stessa sorte in Europa, poi caricate sui barconi verso le coste italiane. Una volta a Brescia, ospiti di marito e moglie, le donne sono diventate un ingranaggio di una catena difficile da spezzare. Senza soldi (delle prestazioni sessuali potevano tenere solo 5 euro, il resto dei compensi andava agli organizzatori, che poi lo spedivano in Africa per oliare la macchina dei reclutamenti) e schiacciate dagli influssi dei terrificanti riti ‘juju’ cui erano state sottoposte – ferite poi cosparse di sale, sgozzamenti di animali sotto i loro occhi –, una sorta di patto suggellato con il sangue, per garantire che avrebbero restituito i soldi del viaggio. In caso contrario, gli spiriti del male avrebbero seminato morte per loro e famiglia.