BEATRICE RASPA
Cronaca

Tiziano Ronchi, il racconto dal Nepal a Brescia: “Così sono sopravvissuto a 50 giorni in cella”

Il professore di Sarezzo, accusato di furto di cimeli, condannato a pagare una multa di 350 euro. In un video ha ricostruito la sua vicenda e le difficoltà della detenzione

Tiziano Ronchi, il docente di Brescia arrestato in Nepal

Brescia – “Sono Tiziano Ronchi. Quanto accaduto in questo periodo è stato davvero tosto ma sta cambiando la mia vita". Inizia così il videoracconto del 27enne docente bresciano rimasto bloccato in Nepal per 50 giorni dopo essere stato arrestato a Bhaktapur con l’accusa di avere tentato di trafugare reperti sacri da un tempio. Un’accusa da cui si è sempre difeso.

La multa e il sollievo

Ieri, dopo rinvii su rinvii – una situazione che lo aveva spinto ad assumersi il rischio lo scorso 12 aprile di rientrare in Italia nonostante i giudici dovessero ancora pronunciarsi sulla sua posizione – il verdetto. Il tribunale lo ha condannato a un’ammenda di 50mila rubli, 350 euro. Una notizia accolta dalla famiglia Ronchi, a Sarezzo, come la liberazione da un incubo: rischiava una pena detentiva.

L’odissea dello scultore, professore di Decorazione all’Accademia Santa Giulia di Brescia, inizia il 5 marzo. Il giorno seguente il prof dovrebbe imbarcarsi su un volo per l’Italia dopo un lungo itinerario tra India e Nepal ("Il viaggio dei sogni") quando viene arrestato. Da quel momento è stato un tunnel di vicissitudini kafkiane, condensate dal protagonista in un memoriale, in una lunga lettera e in alcuni video, diffusi sui social.

Un’odissea di 50 giorni

"Sono stato violentemente braccato per strada da un individuo in borghese, detenuto in carcere, poi in un ospedale ammanettato al letto – ha scritto il docente – Il pensiero di quanto ho vissuto si trasformerà in impegno costante verso coloro che non hanno voce e sono tuttora ingiustamente reclusi. Mi hanno tenuto in vita la voce dei miei cari, l’arte, il pensiero delle splendide persone lungo l’ascesa dell’Himalaya e la pervasiva forza del sacro. Un’esperienza che mi ha profondamente segnato e straziato ma non perderò la luce che il Nepal ha portato nel mio essere: un luogo del cuore".

Pronto a ripartire

Ronchi si dice pronto a ripartire, anche se ammette di avere avuto paura di rimanere intrappolato laggiù, nelle spire burocratiche del Paese. Il lieto fine, aggiunge, "lo dedico ai moltissimi uomini e donne intrappolati in situazioni di sospensione dei diritti fondamentali. In Himalaya ho vissuto alcuni dei momenti più felici e intensi della mia esistenza, in quei luoghi e in generale in Nepal si può entrare in contatto con l’altruismo più puro e incondizionato. Eppure ho conosciuto anche l’eccezione. Come si può accettare l’idea che una persona accusi ingiustamente un’altra di qualcosa che si trova così lontano dai suoi naturali pensieri e dalle sue vere intenzioni? Come non rimanere spiazzati di fronte all’accusa di aver compiuto un danno nei confronti ciò che più si ama, nel mio caso l’arte? Come si può sopportare giorni di prigionia in condizioni disumane?".

Prigionia disumana

Prima in una cella di pochi metri, steso a terra accanto a stupratori e assassini, costretto a cibarsi di riso da un secchio comune, poi ammanettato al letto in ospedale, sotto psicofarmaci. Isolamento, interrogatori, pressioni. Situazioni estreme. Come è riuscito a resistere? "Tutto ciò è possibile se si sente che là fuori c’è qualcuno che si sta battendo perché le cose vadano per il meglio, che crede in te e nella verità – prosegue Ronchi – Quanto valore ha avuto sapere di poter contare sul supporto delle autorità diplomatiche italiane e quanto preziosi sono stati i miei cari. Riabbracciare loro, i colleghi e i miei studenti mi ha resistuito gioia, e mi ha riportato a una quotidianità di affetto e amore. Mi considero fortunato se penso che durante questa disavventura, nata da un paradossale malinteso, mai mi sono sentito solo".

Ma Ronchi sostiene di non essersi perso anche grazie al pensiero di Dio. E a quello di poter racchiudere quel cataclisma di emozioni attraverso gesti artistici e un diario, salvato dal sequestro di tutti i beni. Oggi reso pubblico.